sabato, dicembre 02, 2006

Se il domani non e' qui

Riprendere coscienza, riprendere velocita', riprendere spazio.
Vecchi sintetizzatori ruotano veloci, danzano nella dimensione di un pensiero, esistono dall'inizio del cosmo.
Un sassofono si staglia oscuro controluce e dal contrasto sorge un eco lontano che risveglia un'incoscenza assopita, vecchi tramonti, brume tenebrose, alberi spogli in giardini coperti di notte.
Si, vedo tutto e c'e' sempre una finestra, c'e' sempre una citta' fuori che sussurra, un treno lontano che stride sull'acciaio, un lampione che divide la vita dal mistero.
Occhi riflessi, movimenti laterali da cui fuggire senza fretta, immagini televisive sulle quali inventare e fogli bianchi appena macchiati.
Ricordo la casa, ricordo i colori, ricordo i rumori, i profumi, le fredde manopole dai caldi suoni.
Ricordo le ansie ma anche le gioie, i rimandi a un futuro solo eventuale.
E' esistito davvero un tempo in cui lo spartito di quel sintetizzatore suonava il mio destino...
Ora rimane solo quell'eco e lo accetto; almeno posso dire di averlo visto, vissuto, sognato.
Meet beneath the autumn lake
Where only echoes penetrate
Walk through polaroids of the past
Future's fused like shattered glass, the sun's so low
Turns our silhouettes to gold

venerdì, dicembre 01, 2006

Aprire il cancello e uscire... laggiu'...

Tiersen ce la mette tutta ma non riesco a staccarmi da terra, non ce la faccio a lasciarmi indietro, a dimenticarmi per un minuscolo frammento di tempo cio' che sono.
Poi chissa' cosa sono...
Magari partire dall'anomala considerazione che non ho colpe, se non quella di valutarmi piu' del dovuto, se non l'illudermi che venga sempre compresa ogni mia azione e parola.
Fosse ignoranza la mia... e' solo stupidita'.
Odio fare la vittima, ma ancora di piu' sentirmi tale e allora preferisco pagare colpe che non sento ma almeno liberatorie, come gas compresso che fuoriesce da un tubo sempre troppo fragile.
Penso alle cose belle di oggi: quella cascata di foglie al mio passaggio come un inchino delicato, le mani sul volto mentre l'acqua bollente trascina via molto piu' che sudore e monda molto piu' a fondo dell'epidermide, vincere ancora una nuova sfida con la tecnologia, "My name is Earl"...
Quante scuse per provare a non sentirsi un fallito, per non deprimersi nel pensare al bambino che ha sognato di essere un adulto, per togliere dalla gola quella spina che soffoca. Per cercare di dormire, almeno un poco...

mercoledì, novembre 29, 2006

Ferretti Lindo Giovanni: Voce

In vita mia ho avuto tantissime fonti d'ispirazione ma sempre per pochi concetti alla volta, molte guide ma per tragitti rapidi e molto brevi, pochi insegnanti perche' rifuggo il nozionismo finalizzato a se' stesso, ma nessun Maestro o quantomeno qualcuno meritevole dell'appellativo.
Leggo "Reduce" di Ferretti e so che un Maestro l'ho avuto e conservato dentro di me per cosi' tanti anni.
Basta la prima pagina e gia' lo riconosco, mi basta per ritrovare uno stile, un verbo, un tema cognitivo, un cammino.
Servono poche frasi e ogni pezzo si colloca, ogni matassa si dipana e domande si spengono al trovare risposta.
Gia' allora e senza sbagliarmi, sapevo i comunisti intellettualmente ottusi e piccolissimi eppure ammiravo questo uomo con idee cosi' diverse dalle mie, mi riconoscevo nei sui testi, nei suoi scritti, nelle fondamenta dei suoi pensieri.
Cio' che non condividevo comunque lo rispettavo e ne ammiravo il coraggio e la coerenza.
Poi diciamocelo, come avere 18 anni nella meta' degli 80, vivere sulla via Emilia e non sentirsi sotto la pelle "Emilia paranoica", "Noia" o "Mi ami?"
20 anni dopo il libro e siamo entrambi cambiati.
La nostra Emilia e' quella in cui seduzione e' dormire, il tedio domenicale e' divenuto persino amico e abbiamo viaggiato, viaggiato dentro e fuori per ritrovarsi ad ammirare colline come se nulla al mondo fosse piu' bello e sincero.
"Reduce" parla di un viaggio iniziato secoli fa in terre lontanissime, un viaggio con Ferretti come destinazione e in fondo, tutti coloro che hanno condiviso un metodo piu' che un'idea, una scintilla piu' che un astro, un modus vivendi sulla cui base poggia onesta' a prescindere da cio' che la sostiene.
Quanto e' sembrato lontano il suo cammino, eppure quante volte si e' incrociato col mio, tante da annullare ogni distanza di tempo e spazio, tante da indurmi a ragguagliarne lo stile senza raggiungerlo, tante da sentire Ferretti un Maestro, un amico, un fratello.
Un libro per chi non ha paura di imparare, per coloro che non temono di mettersi in discussione, per chi ritiene la vita un poema mai concluso, per chi non vuole piegarsi in questa eta' di mezzo.
 
Sezionatori d'anime giocano con il bisturi
Maggioranze boriose cercano furbi e stupidi
Sobillano i malvagi aizzano i violenti
E gli invidiosi indispongono
 
Intanto Paolo VI non c'è più
E' morto Berlinguer
Qualcuno ha l'AIDS
Qualcuno il PRE
Qualcuno è POST senza essere mai stato niente
Niente!
 
Cerco le qualità che non rendono
In questa razza umana
Che adora gli orologi
E non conosce il tempo
Cerco le qualità che non valgono
In questa età di mezzo
 
Ha conati di vomito la terra
E si stravolge il cielo con le stelle
E non c'è modo di fuggire
E non c'è modo di fuggire mai
Mai!
 
Svegliami svegliami svegliami...

Filo aggrovigliato sotto il tavolo

Poco tempo fa mi hanno detto che una volta ero piu' felice.
Non ho saputo che rispondere...
Sono fermamente convinto dell'idea che se non ti chiedi se sei felice allora lo sei, quindi... non lo so, forse e' vero, forse no.
Ma del resto la gioia e' effimera e vigliacca: trascorri un giorno come nulla fosse e scopri anni dopo quanto sia stato meraviglioso.
Non e' giusto non comprendere la natura bastarda della gioia, ma e' questa sfuggevolezza che la rende cosi' ambita e magica.
Io temo la gioia perche' ha la consistenza di un filo di fumo e come tale sfugge tra le dita potendo solo trattenere il ricordo e di ricordi ne ho gia' troppi.
Temo la gioia perche' anche vivendola, termina lasciando dietro di se' uno spazio immenso difficilmente colmabile.
Non so gestire la gioia perche' e' come trovarmi in un immenso parcheggio deserto dove non sai mai dove fermarti e cosi' giri a vuoto, incredulo, smarrito, un po' spaventato.
Mi muovo lentamente tra le emozioni positive, centellinandole, filtrandole, assorbendo piano il dolce urto e implorando che il prezzo da pagare non sia troppo alto.
Il resto no, quello so gestirlo, affrontarlo. Mi sono note tutte le preghiere, i rituali, gli anatemi per scacciarlo da me e poi...
Poi e' indole, dono, forse dote o magari solo predisposizione conoscere come spalare il male che il dolore lascia e all'opposto non sapere come riempire il vuoto che la gioia regala...

lunedì, novembre 27, 2006

Fenice di ghiaccio

Come quel personaggio di telefilm vorrei anche io un ottovolante sul quale annullarmi, dimenticarmi, scordarmi, perdermi.
Scivolare su rotaie veloci sino alla cima, la piu' alta, nell'istante stesso in cui terra ed eden si sfiorano, nel momento in cui l'Io si stacca rimanendo sospeso in una dimensione di soave vuoto, nel microcosmo della coscienza quando si annulla in un unico punto, cosi piccolo da non fare piu' male.
Invece...
Invece mi ritrovo con la sua overture, in piena estate, nel retro oscuro di un parcheggio, lacrime e sudore sul volto, odore di gomma bruciata misto all'afrore di atmosfera da troppo tempo non visitata dalla pioggia.
Circondato dal non silenzio: auto vicine e circospette, ronzii, latrati distanti, porte che si aprono, voci stanche che si salutano.
Penombra cercata, luce desiderata, buio terrificante ma purtroppo assente.
Musica troppo bassa quando nessuna musica puo' appartenermi se non forse questa.
Attesa, piu' di un futuro che di una occasione.
Vivere l'incertezza quando l'incertezza mi uccide, mi spezza fianchi e volonta'.
Dolore, dolore, dolore, dolore e paura... Dio quanta paura, come mai prima eppure non una incertezza, non un tentennamento.
Mai e ancora mai cedere e non lo faccio, non un solo momento.
Paghero' quel dolore ma non li', non in quel frangente.
Ora sembra lontano, troppo lontano ma le grandi vittorie come le grandi sconfitte non si dimenticano e se le ferite subite rimarranno per sempre con noi, allora cosi' sia e che le cicatrici non si chiudano mai per ricordare sempre che siamo vivi e quanto e' costato crederci.

domenica, novembre 26, 2006

Passi sulla lunga scala a chiocciola

Se sapessi scrivere diverrei il sacerdote oscuro della poesia.
Se sapessi scrivere ucciderei tutte le parole che descrivono sentimenti perche' e' la parola che crea il concetto, e' la parola che genera il pensiero, e' la parola che glorifica e benedice.
Mistica e iridescente, suprema e cangiante ecco cio' che combatto.
Chiudi gli occhi, chiudi gli occhi, confondi i sensi, stringi le tempie e circoscrivi il dolore, ignora lo stomaco.
Avrei gia' dovuto sapere, avrei gia' dovuto arrendermi...
io dovrei bere un pò
di questo amaro calice
io dovrei berne molto
fino a toccare il fondo
TATTICA STRATEGIA ABNEGAZIONE FORZA
ho il vuoto nella testa
mi muovo poco e male

 

Sotto un cielo bianco mentre tutto cade

Qualcosa c'e', oltre noi, oltre tutto; e' innegabile, e' certo.
Qualcosa c'e' e nell'accezione greca, ama giocare con gli uomini intrappolandoli in percorsi circolari, mai uguali ma mai dissimili.
Il bordo e' li', un piede sulla balaustra, baricentro pericolosamente mobile, braccia agitate e paura persino di un minuscolo refolo di vento.
Un soffio cambia tutto eppure ci si chiede una ragione, si strappa ogni parola scritta, si cancella ogni pensiero formulato e viene voglia di arrendersi.
Il bordo e' li' e si assottiglia e si allarga e ondeggia e sussulta.
La storia, la propria storia, a momenti aiuta, altri no.
La Musica, Dio la benedica sempre, non ti spinge, ti guida.
Si, qualcosa c'e' e ci restituisce quella Musica di ieri, dell'altro ieri, di tutte le occasioni in cui sei stato su quel bordo e l'ironia e' che non l'hai cercata, non l'hai neppure pensata eppure eccola qui.
Paranoia. Uscire da me stesso.
Chiedi a 77 se non sai come si fa...