sabato, maggio 19, 2007

Sole mattutino

Edward Hopper e' un artista che regala immensa arte e cambia il senso estetico di chi osserva le sue opere, arricchisce lo sguardo con nuovi spazi, nuove architetture, colori lucenti, prospettive innovative.
Prospettive e colori, ecco cosa ho coltivato e fatto crescere dentro.
Amo le simmetrie su tutte le dimensioni e in ogni angolazione ma con Hopper esiste un modo e un modo solo di guardarlo e non e' visione frontale.
Inquadrature deconcentrate che non comprendono figure intere ma sempre una forma seminascosta, abbozzata, solo intuita a volte, indiretta con la sua ombra, sguardi che fanno supporre cio' che non esiste ma comunque presente, particolari celati dei quali pero' percepiamo presenza.
I colori convergono alla luce come falene verso un faro nelle tenebre e sinuosi si adagiono sui volti, sui corpi, sulle pareti e i mobili e scivolano vivi e vitali, conferendo eccezionale tridimensionalita', senso della luce sospeso tra realta' ed interpretazione d'artista.
La plasticita' dei corpi esalta le movenze, meglio le immobilita', fotografie di istanti quotidiani negli interstizi dei gesti, nel flesso delle azioni, inizio o fine del movimento e forse mutazione dello stesso nel momento in cui sta per compiersi.
C'e' energia cinetica, potenziale piu' di intenzione che concreta volonta' e non si trova negli sguardi sovente smarriti e vacui, bensi' nella tensione delle braccia, delle gambe, del collo.
Ogni concetto, rapprensentato o meno si schiera nel conflitto tra natura e civilta', sempre presente, sempre pressante, importante eppure non vitale perche' Hopper sapeva guardare dietro le finestre, cogliere un'umanita' anch'essa in conflitto, abbandonata nella sua solitudine e la visione e' metafora del silenzio.
Luce, assenza di luce, tutte le sfumature interposte e il resto e' supporto alla notte o al giorno che sia, spesso ai limiti di questi in ombre allungate e stranianti, come materia e antimateria in eterno conflitto nell'attesa di elidersi in desiderato nulla.
E' un favoloso artista Hopper perche' sa turbare, induce all'emozione per donarla almeno in parte alle sue opere, sconsolati teatri, terre desolate in cui sappiamo ritrovarci e per questo riconoscendoci, cercare di risollevare le sorti di un'esistenza nella quale e' facile ascoltarsi e molto meno comprendersi, divenire voyeristi di se' stessi per mescere luci e ombre e trovare dentro grandi dipinti, grandi come i suoi.

giovedì, maggio 17, 2007

Certo, sorridi...

Anni fa, tanti, infiniti secoli passati avrei parlato, raccontato, spiegato minuziosamente ogni minimo particolare.
Anni fa mi sarei fatto odiare, mi sarei trasformato in algido parolaio che non sa di cosa sta parlando, nel mostro incapace di proferire altro se non diffamanti illazioni.
Questo e' cio' che amo del mio invecchiare...
E' che in passato ho parlato troppo e la buona fede non basta se non vuoi essere ascoltato.
Le persone vogliono si' essere aiutate, ma a modo loro, nei loro tempi, alle loro condizioni e mi e' difficile comprendere, spaventoso rifletterci, eppure e' conclusione inevitabile laddove non c'e' spazio per un pensiero che non sia il proprio.
Sbaglio io nel ritenere che qualcosa di buono sia alla mia portata, pecco di presunzione quando ritengo di poter offrire spunti, forse percorsi occultati, facilmente visibili da fuori quando fuori e' altra prospettiva e non incoscienza.
Anni fa, non troppi invero, avevo quasi perso il vizio di offrire il mio aiuto, bisogno innato di proteggere che si ama perche' anche prendere la vita altrui e' da valutare, decidere, stabilire dare e avere, pro e contro, luci e ombre e non importa se l'operazione a costo zero non ha paragrafi scritti in piccolo a fondo pagina.
Essere invitati e' obbligo e che rimane, forse muovere concitati le braccia nell'oceano della propria inutilita', nel gorgo di tutto quello che hai imparato, assimilato nei stupidi anni trascorsi in attesa di trovare un senso e nella ancora piu' stupida convinzione che non per altro si e' qui, si lotta e ci si strugge.
Poi la pianto di pensare sciocchezze e mi ributto nell'indifferenza che almeno non sporca, non perde peli e mangia pochissimo...
The lights went out (The last fuse blew).
The clocks all stopped (It can't be true).
The program's wrong (What can we do?).
The printout's blocked (It relied on you).
The turbine cracked up.
The buildings froze up.
The system choked up.
What can we do?
Please remember to mention me,
In tapes you leave behind.

mercoledì, maggio 16, 2007

Scintilla

Meccanicamente osservo dove non dovrei, scruto fin dove lo sguardo permette, coltivo ancora la voglia di un movimento fugace eppur partecipato.
Difficile desiderare in assenza di prospettive, sentirsi svuotato da non sapere di che riempirsi.
Potrebbe sembrare grassa sazieta' oppure opulenza emotiva coltivata laddove non vi sono piu' luoghi da visitare, emozioni da respirare ma cosi' non e'.
E' che il fine rimane valido eppure il mezzo latita nel percorso indefinibile che il giorno offre.
Capisco sembrino capriole nel nulla, ma se esistono due punti allora anche la retta che li congiunge parrebbe la scelta logica.
Logica... Come se vi fosse logica, come se oltre l'orizzonte esistesse qualche forma di vita, una minima parte di cio' che aspettavo.
Mi rendo altresi' conto di essere ingiusto, persino con me stesso seppur ridicolo, grottesco a tratti ma e' anche vero che ho visto l'arcobaleno ed era li' proprio tra il nero delle nuvole e il fango della terra, l'ho attraverasato, toccato forse e se mi sono illuso di trovarne la fine, e' stata una bella illusione, un gioco ben riuscito, uno di quelli che aiutano a crescere, a stare bene, a non vedere quelle nuvole e quel fango, a non provare troppo dolore per quel paio d'ali strappato dalle scelte errate.
Mi scuso infine, solo per cio' che sono pero', perche' sono stanco di farlo per colui che dovrei essere, per il ruolo assegnatomi in tempi diversi, in epoca luminosa seppur illusoria, quando gli arcobaleni li leggevi nelle fiabe, li sbirciavi nel cristallo, li sentivi sulla pelle...
We lived happily forever
So the story goes
But somehow we missed out
On the pot of gold
But we'll try best that we can to carry on
A gathering of angels appeared above our heads
They sang to us this song of hope and this is what they said
Come sail away

martedì, maggio 15, 2007

Facilmente e' cristallo

E' da stamattina che mi nutro di cielo e vento.
Ho guidato piano, ho guardato molto, ho riflettuto poco.
Sono arrivato laggiu' ed era molto che non andavo ma ho ricordato che la volta precedente c'era un cielo cosi'.
Si, ultima volta di oceano blu immobile ed incantevole, aria fresca, frizzante movimento d'energia, energia che circondava fabbriche e persone.
Aerei vicini e rombo possente, maestoso per ricordare che c'e' un mondo li' fuori che pulsa veloce, rotea e non si placa mai, vive come unico organismo.
Nuove frequenze in quella luce e dove mi giravo luccicava qualcosa, fremeva qualcosa e quel qualcosa mi rendeva felice eppure estraneo a quella felicita'.
Avevo un peso nell'anima quel giorno e non ricordo neppure il perche' ma so che mi fermai in quello spiazzo, tra decine di auto mi fermai senza reagire, telefonai a chi pote' solo dirmi che sarebbe passato presto.
Passo' tutto, passa sempre del resto ma stamane un pezzo di quella tristezza ha viaggiato col vento, vagato anni in attesa di ritrovarmi li' e in fondo, non mi e' neppure dispiaciuto  riunirmi con le stesse emozioni perche' ho bisogno di sentire, di annullarmi anche in atri smaltati, in portoni arrugginiti, in un senso d'appartenenza che invero non sento mio ma al quale vorrei credere.
Ho vissuto ogni momento a mia disposizione a nutrirmi di cielo e vento e ora mi sento stanco, mi senti stanco ma sono qui, racconto, mi racconto e qualcosa rimane, qualcosa riempie e se il vuoto non ha fine, almeno qualche angolo e' meno spoglio di prima.
I used to think that the day would never come
I'd see delight in the shade of the morning sun
My morning sun is the drug that brings me near
To the childhood I lost, replaced by fear
I used to think that the day would never come
That my life would depend on the morning sun...

lunedì, maggio 14, 2007

Ridendo nel fuoco

- Hai presente quel ragazzo, quello che veniva qui a questo orario, quello tirato che si allenava duro... Si e' ucciso venerdi'... - cosi' esordisce l'allenatore.
Sono colpito, molto, troppo forse per una persona con cui ho condiviso educati saluti e null'altro, eppure come non soffermarsi su chi, tanto giovane, decide di farla finita.
In qualche modo l'allenatore sente che colgo il senso della tragedia e si lascia andare, racconta di se', della sua ragazza, del suo amico che voleva morire e ha paura quando parla, ha il suo demone afferrato per la coda e teme gli sfugga irrimediabilmente.
Ascolto e gli dico che capisco perche' capisco sul serio, parola per parola e intanto penso che la forza, non basta cosi' come non basta la determinazione, il coraggio, la volonta', la voglia di vivere.
Niente basta, niente e' sufficiente, niente aiuta o forse e' solo senso dell'inutile e perche' mai la vita non dovrebbe stancare, annoiare come musica senza anima, come un uomo tronfio e monotono che racconta di qualcosa che non interessa affatto, come un brutto film senza trama ne' regia e perche' a quel punto non potersi allontanare dalla sala, scostare le spesse tende rosse, un cenno alla cassiera e fuori nella luce, aria e luce, aria e luce e spazio.
Si, posso capire...
Wilde scriveva che il pensiero della morte gli aveva fatto trascorrere indenne molte notti insonni, ma che succede quando alle tenebre non segue l'alba, quale faro puo' illuminare il buio senza ridursi ad inutile fascio di fotoni, quanto si puo' resistere in un luogo in cui il tempo e' solo un giorno in meno.
Si, capisco...
And the sand
And the sea grows
I close my eyes
Move slowly through drowning waves
Going away
On a strange day
My head falls backs
And the walls crash down
And the sky
And the impossible
Explode
Held for one moment I remember a song
An impression of sound
Then everything is gone
Forever
A strange day

domenica, maggio 13, 2007

Vernice sul ghiaccio

Ancora una volta mi sono deluso, ancora una volta ho deluso e non ne esco, non v'e' uscita dalla ragnatela da me tessuta nella quale giaccio inerte.
Poi devo piantarla d'ingozzarmi di colpe non tutte mie, non solo...
Manca il discernimento, l'equilibrio di capire, di sapere quanto devo bere dall'amaro calice prima di espiare le mie colpe, prima di poter alzare voce e sguardo e urlare basta.
Tutto e' cosi' inutile, inutile e banale...
E' che non ho direzioni verso le quali incamminarmi, non piu' e nel contempo non mi sento pronto ad arrendermi, fermarmi e finirla una volta per tutte di arrabattarmi perche' niente cambia, niente.
Vorrei solo non combattere per fare uscire le parole, dare forma ai pensieri quando le parole e i pensieri sono la soluzione ma a che serve, a chi serve.
Ho provato davvero a cambiare l'equazione ma il risultato non cambia, non cambia mai maledizione e non me la sento piu', non posso piu' ricominciare il gioco al massacro del cambiare, discutere, contrattare.
Questa volta, questa ultima volta mi fermero' sul bordo del fiume a vedere passare il cadavere, il mio...
A hundred other words blind me with your purity
Like an old painted doll in the throes of dance
I think about tomorrow
Please let me sleep
As I slip down the window
Freshly squashed fly
You mean nothing