domenica, dicembre 28, 2008

Un giorno e' come dopodomani

No, non sta tutto nella mente, non da qui si tessono fili con ricordi, con esperienze, con immagini e suoni e profumi, con nozioni e cio' che nell'insieme definisce e delinea coacervo chiamato memoria.
Emozioni non esistono in quanto strutture definite e storicizzate perche' in realta' stratificate su innumerevoli insiemi di cause effetto, aritmetica di somme smisurate, quasi infinite. incalcolabili in quantita' e qualita' eppure determinabili da memoria perfettamente analitica e completa coscienza di se', aiutati magari da un Dio curioso chissa'.
Cio' che si e' rappresenta viaggio in continua evoluzione con presente transitoria meta nel paradosso di minuscoli nulla che alfine divengono montagne ma del resto, e' l'imperfetta magnifica algebra di esistere.
Calpestare coi piedi il proprio passato ma e' passato appunto che sostiene e separa baratro dell'eventualita' dall'attualita' e non c'e' alcun avvenimento invero considerabile separato e disgiunto dagli altri in quanto anche l'ultimo dei millesimi avvolti nell'oblio e' carburante di sforzi e azioni, elucubrazioni e concetti, sentimenti e palpiti.
Dentro, in mezzo, nel fondo, da qualche parte e' piantata radice dell'emozione suscitata dal movimento biochimico di molecole circondate da lampi d'energia, connessioni stimolate e sollecitate, inesauribili occasioni per espandersi in sfera esistenziale, direzioni determinate da innesti genetici oltre singola capacita'.
Reagire percui e' reazione riflessa, condizione incalcolabile nell'ignoranza del proprio essere e solo in questo incognita altrimenti banale e logica deduzione ma finita capacita' su infiniti elementi provoca interrogativo e sorpresa, talvolta perplessita' nelle altrui interpretazioni paradossalmente piu' veritiere nel non considerare trascorsi e ricordi, sottili strati di un tempo individualmente confuso, pubblicamente isolato, soggettivo alterata manifestazione d'oggettivo, falsata ma immediatamente fruibile interpretazione che nella semplificazione sa esemplificare meglio d'ogni altro racconto.
La complessita' tende alla verita' ma la semplicita' conduce al comprensibile, lezione da non scordare per non arrendersi all'impressione di un ritratto che non e' mai il proprio, che sovente racconta qualcuno che vorremmo essere, poco affine con quegli occhi troppo stanchi per riconoscersi.
Feelings I can't fight
you're free to leave me
But just don't deceive me
And please
Believe me when I say
I love you

giovedì, dicembre 25, 2008

MicroVoce

Impossibile stare fermi ma muoversi e' equilibrio turbato, piccola stanza e fiamma sensibile ad ogni soffio e come tempesta agita e consuma, tracciato movimento e senza possibilita' alcuna seguito, giudicato forse.
Sempre piu' stanco osservo, manca spirito ironico, assente lodevole cinismo, ironia che non esce ed intrappolata spinge senza mordere, incapace persino di pizzicare e cosi' si veste di tetro e polveroso velo, strappi e rattoppi.
Dubbio di bambino che in disparte piange affogando nel suo silenzio eppure un tempo era crescendo in esplosione, luce di notte da non scordare mai illuminata da lampioni candidi, plastica bianca, azzurra e rossa, carta che vola in vivente espressione di gioiose urla alle quali non porgo memoria, no non porgo memoria.
Manca passaggio, coma indotto e risveglio sorprendente ma non del tutto voluto, vuoto contemplare senza vero rifugio, parole poche, sorrisi meno, orologio alla mano, racconto parzialmente esatto ma sono secondi che fuggono, inesistente preghiera comunque sussurrata piano per non farsi scoprire, non farsi sentire, non sentire.
Conoscere e' potere, ignorare e' essenza, appartenenza totale in disgregata comunita', come entrare in grande salone ed andarsene, andarsene immediatamente, senza un saluto, nemmeno uno sguardo, neppure un accenno, bassi
occhi per non dirsi umani, per non proclamare sconfitta di passione e volonta'.
Non rinuncio, non cedo, cosi' si dice, perfetto piano funzionante, macchina migliore del suo costruttore e cosi' deve apparire, senza obiezioni ed inganni, istruito a vedere lontano giusto, mai dentro, mai intorno e oramai non dubito nemmeno piu', trappola intrappolata, genio capace d'esaudire desideri propri e niente altro.
Dove stia la verita' ormai e' indifferente, colore e' sul volto, plastica ha bruciato epidermide oramai, pensieri di confine dentro a una terra che non e' patria, non e' mia.
Enter me gently
I break in the light
Cover my eyes
With the rags of my life
Was I dreaming?
Or did you say:
"The frontiers are falling
It's time to be slipping away
Let's slip away
Let's slip away"

giovedì, dicembre 18, 2008

Contenendo

Gettando certo e solito destino scopro che non cambio, cosi' appare, cosi' si dice e comunque nel ruolo non mi sposto, non raccolgo e beffardo giudizio conservo in sfregio ad estraniante volonta', sincera appartenenza al disinteressato e ristretto circolo di strani ed antichi figuri, stirpe novella, bassa lega e molta polvere, pianoforte sempre un po' scordato, invero dimenticato, accantonato.
La canzone e' finita, orecchie tese ma senza applausi, che importa del resto, chi ha mai chiesto, voluto o pensato che vi sia un merito, magari oblio, insperato riposo che riposo mai non e' se vi sono colpi e assalti al nervoso silenzio gentilmente offerto e rinnovato in giusto e beffardo omaggio.
Io non rinuncio, non so, sara' vero e sono stanco questo si se un tempo artigli e muscoli, urla e fango e si rimane cosi' appesi al tocco lieve di una nota, all'emozione di pagina colorata e semovente radiazione perche' vincere e' vincere qualcosa, sognare e' nuvola che rimane nel giorno, canzone e' frammento d'anima mentre rimanente e' tragica illusione, vuota sensazione, banale ed annoiato girotondo.
Ordinatissima cucina, verrebbe voglia di rimanere dentro per sempre, possedere singole mattonelle accarezzandone intercapedini anneriti e non fuggire innanzi nessun rumore perche' mio e' rumore, frastuono di piatti frantumati nel cuore della notte in onore dell'altrui sonno lontano, stile di vita raccolto in scarabocchi declinati oltre divano di pelle calda e appiccicosa, luci mai dirette tenue e spaventosa fluorescenza, dubbia provenienza.
Fuori bussano, bussano ogni volta, mai per gioco e nemmeno per piacere, voglia di aiutare, di restare accanto lo so ma in fondo non e' impegno, non e' volonta' se mani piu' non sanno accarezzare, se sguardo non si ferma a pareti e mattoni e correre, correre senza muoversi e' maledizione di viaggio lontano, di viaggio ogni giorno piu' vicino del dovuto.
And if a double-decker bus
crashes in to us
to die by your side
is such a heavenly way to die

martedì, dicembre 09, 2008

Rovesciato lassu' senza un perche'

Antica domanda. E se davvero cosmo tutto girasse attorno a me? Se scoprissi che incapacita' di trovare soluzioni nasce dall'avere ogni risultato possibile negli occhi, nelle mani, nella mente? Se immettessi materia laddove aggiungere equivale a togliere quale sarebbe il mio peccato, la mia colpa? Quale condanna quindi?
E' algebra errata, fisica aliena, geometria di sistema di riferimento completamente sbagliato, sbagliato non ignoto, sbagliato non ignoto, sbagliato e non ignoto e la storia d'analisi e colpe non piu' regge, davvero non sostiene e sempre meno racconta verita' nascosta sotto tavolo imbandito e sprecato, squallido.
Asse non levigato e schegge sulle braccia come corona di spine perche' c'e' un dentro e c'e' un fuori, comunque un Dio d'ubiquita' incerta e sicura sia almeno presenza decisa e convincente, ruolo da assumere e responsabile presa.
Ci vuole talento a distruggere, solo poco meno che costruire ma cio' che differisce entrambi e' linea di tempo in direzione da qualificare, a raccontare storia altrimenti inspiegabile, contorni talmente netti da apparire posticci e menzogneri.
Eppure guardo avanti e nel tenebroso orizzonte, chiarore di sole pallido qualcosa spiega e avanza dolce idea di sconfitta tramutata in vittoria perche' se equazione e' impossibile, impossibile diviene unica soluzione.
Piccolo, piccolissimo anfratto e dopo tempo e' misura, scala a determinare meno sfuggente verita' d'immensa porta per giganti di cosmica epoca d'oro quando il cielo era curvo e arcobaleno creava giorno illuminato d'impossibili colori, altri occhi, altri occhi, visione d'insieme alla quale prepararsi, essere pronti perche' nulla e' davvero indeterminato, inconsapevolezza come nuova ignoranza, stato immoto delle cose.
Mi bagni quindi il cielo, m'asciughino onde del mare, scaldi questa notte confusa certezza e ritrovarsi nella frequenza che frantuma roccia e stanchezza, perdita al posto d'abbandono, partita vinta perche' non giocata e cosi' sia, cosi' canto, cosi' m'incanto.
Living is easy with eyes closed,
misunderstanding all you see.
It's getting hard to be someone
but it all works out,
it doesn't matter much to me.

mercoledì, dicembre 03, 2008

Da questa roccia

Centimetri quadrati di ricordi, pianure di presente, nomi con un senso, altri da decifrare e ogni pezzo di storia incasellato e sistemato un po' racconta e svela mistero forse misero, ugualmente importante come fosse simbiosi o fusione, scherzo dell'immaginazione certo, piu' facilmente non voler vedere, paura di parlare per raccontarsi, spiegare.
Esiste causa, consegue effetto ed e' mio piu' grande dono, silenzio e notti gelide, qualcosa che non doveva essere eppure accade ed e' ruvuda, ruvida superficie in voglia di liscio giaciglio, mura meno fredde, incubi solo accennati.
Guardo piedi uno avanti l'altro e c'e' sempre pietra su cui inciampare, fossato in cui cadere, sterrato scivoloso e viscido come serpente da cavalcare, come drago indomito, come vita passata e non futura che urla forte e si lamenta, sbraita soffiando caldo respiro a tratti nauseabondo, altri dolce di miele e mandorle, altri ancora pura assenza regalando ansia sospesa e rassegnata, certo dannosa, sicuro non spiega, nemmeno racconta.
Ora immagina metafisico spazio, strutture ed ombre allungate in luce diffusa, cubo centrale, stralunata forma e braccia protese a sole presunto, capo senza volto, mani senza dita, rigida tunica piu' trappola che abito e contemplazione di linee di fuga declinate all'infinito col trasporto di cio' che non ha limiti ne' desiderio d'averne.
Ora lascia trascorre gli anni, cadenza i giorni nel vortice ritmico di rullante pesantemente percosso, canzone sia uguale a se' stessa, ripetizione ed esaltazione d'arte transustata in alba, tramonto, notte e tutto cio' in essi contenuto e carne diviene immagine, quel colpo secco flusso e riflusso, forse il contrario, certo confuso, indistinguibile, indistinguibile, puntinismo di minuzie con piano, obiettivo, sentiero proprio.
Ancora una volta incantesimo non voluto, risultato immutato come parole troppo svelte per pronuncia incapace, per settimana molto piu' lunga della sua fine, troppo lunga persino per immutabile e inaccessibile cerchio di vita.
Pierde el cielo equilibrio,
cae derrumbado encima de ti,
escóndete un mundo
que nadie lo vea
cierra las puertas y espera

venerdì, novembre 28, 2008

Convenienza

Giaceva nella rovente penombra del tardo pomeriggio l'estate cosi' poco attesa, poco desiderata, per la prima volta subita in un senso d'insana crescita, d'inevitabile destino al quale opporsi chissa' con quale risultato, con quale miracoloso responso non fosse per stupida e benedetta certezza d'eternita' di giorni in cui dovere era desiderarla.
Tanti pensieri, non quelli giusti nel ruolo mal ritagliato di chi doveva vivere di potenzialita' ma c'era da esprimere un bisogno, tracciare un segno, distruggere barriere e col sorriso accettare imminente sconvolgimento.
Autunno lontano, inverno lontanissimo, l'estate successiva da inventare, solo spettri, solo mostri, solo echi nel caldo, nella verde luce, nel sincronizzato ruotare e poteva essere comune ascoltare, atteso giorno inaspettatamente epico, silenziosamente roboante d'eterne parole, di nuovo cosmo, inedita tesi impossibile da non seguire.
Giallo puo' essere oro in giusta luce, nell'anima di chi osserva senza interesse, senza giudizio questionante inezie in sole morente, in rientri annoiati, inerzia altrove meritata, furbescamente evitata.
Sudore risponde ad agitata simbiosi climatica eppure tremo incredulo, mi siedo, non unisco secondi che controllo come supremo essere a cui niente puo' essere negato e posso solo pensare che nulla e' da svelare se stringere tra le mani l'assoluto e' solo gioco di bambino stanco di giocare, ansioso eppure annoiato, eccitato ma spaventato, triste di felicita' immeritata e grottesca e cosa e' mai strapparsi il futuro di dosso come pelle di viscido serpente nel futuro quando rimpianto non si e' divorato meglio dell'anima sfiorandone confini e bordi gia' corrosi.
Voglia di uscire, desiderio d'amplificare voce trovata e meno paura, piu' incertezza e avventura, gioia d'arte, tutto finito, tutto iniziato, tutto inventato, porta chiusa con violenza alle proprie spalle ma che importa se smarrirsi significa pagare salato conto dopo banchetto ancora da gustare e la' sedia, la' tavola imbandita, accomodarsi che per la cassa c'e' ancora tempo.
I don't like Ibiza
I don't like house music
I don't like house music
I don't like house music
On the road...

mercoledì, novembre 26, 2008

Orfico

Cammino instabile e non vedo fine alla superficie ghiacciata sulla quale mi trovo.
Come bambino scivolo e corro, cado e mi rialzo, un po' di dolore, tagli qua e la', molto freddo, molto caldo fintanto che sudo e m'agito e sole pare tramontare nel superbo blu di cielo figliato da malinconico Dio e non so che ore siano, ho perso il tempo, ho perso orientamento, ho perso bisogno di bisogni e non importa fintanto notte lontana, gelo immagine di film e camino acceso, solitudine incubo di bambino che smarrendo la madre comprende essenza del mondo.
Silenzio ed e' il proprio, respiro disegna arabeschi innanzi e non vola e non precipita e non ha forma ma so a che assomiglia, vento saluta senza farsi sentire e stormi fiabeschi inseguono nuvole troppo stanche per fuggire in un momento epico, nella mistica mai perduta se solo non vi fosse umanita' destinata a stelle lontane o abissi di terra in fiamme e in fondo che importa, nulla muta davvero se si sa guardare cosmo coi giusti occhi, coi giusti ritmi.
Di questa terra non conosco storia, non vedo altra geografia oltre bianco compatto, aria gelata, inamovibili giorni, stasi di unico ed eterno accordo curvato e ripiegato, talvolta confuso con altri suoni eppure mai smarrito, rimasta guida, bussola di solo nord perche' unica e' la meta per quanto celata e mai narrata perche' e' esattamente questo il nodo, punto oltre il quale le logiche divengono fili d'oro ben tesi e lucenti, normali giochi di vita, epici cavalieri al fianco quotidiano per non sbagliare, per non smarrirsi, per non sentirsi troppo unici e troppo soli.
Fermarsi, correre a perdifiato, salti d'impronte profonde, occhi chiusi o aperti, illusione, illusioni e non in questa terra senza anima, senza spiritualita', solo invenzioni, sole inventato, anarchica energia eppure in trappola, eppure debole nell'apparente forza, nella consumata voglia di fuggire, nella preghiera senza incenso, nello sguardo che fatica ad alzarsi, nella mano che non sa accarezzare, non piu' e tenebra e ombra e ginocchia a terra resto, resto qui perche' questo e' inizio del momento, inizio del silenzio.
Loco! Loco! Loco!
Cuando anochezca en tu portena soledad,
por la ribera de tu sabana vendre'
con un poema y un trombon
a desvelarte el corazón.

domenica, novembre 16, 2008

Come se fosse, come se...

Gialle e diagonali foglie cadono pesanti al passaggio, rapide, orgogliose nel momento supremo del loro percorso e che sia quindi questa amara verita' d'intero esistere, istante ultimo in cui forse tutto si ricorda, certo e' viaggio brevissimo ed infinito, silenzioso ed epocale, guizzo ed e' correre come prima, come mai prima e finalmente uniti a qualcosa, a qualcuno, esperienza di umanita' tutta, fusione e amore e respiro, ultimo come il primo in cerchio che abbraccia universo tutto perche' davvero nulla inizia, nulla termina, tutto muta in ordinato caos.
La vita, la vita e' l'anomalia, esistere e' scarto d'eternita', malriuscito tentativo di perfezione quando essenza vera di tumltuoso cosmo e' energia incontrollata eppure regolata da forze e leggi supreme e meravigliose, meccanismi in cui vivente e' ruggine, disturbo e sporcizia, fastidio il cui unico destino e' cessare d'esserci.
Voglio vedere palpebre chiuse e chiuse bene, immaginare l'assenza, respirare aria non creata, ossigeno racchiuso dentro stelle e globulari gas, primordi di tempo non iniziato quindi mai finito.
Voglio insensibili mani perche' non c'e' mai rifugio dal freddo, forse umidi stracci che separano, dividono, allontanano e voglio non sentire piu' la mia voce perche' parola ha confine, limitata velocita', espressione mediata ed inconsistente, inconcludente, interpretazione che mai esplica, solo semplifica ed e' ogni volta sforzo e fatica, compromesso e noia.
Voglio pensiero infinitesimo per contenere cio' che non esiste perche' tutt'attorno non distinguo piu', non discerno piu', non so attribuire valore e senso, collocazione geometrica e spaziale, volumi in cui penetro quando non dovrei, spazio in apparenza vuoto eppure doloroso al tocco e muoversi per stare immobili, godere del proprio disagio, dell'incapacita' di avere e persino d'essere, gia' essere...
Voglio epico nulla, giallo epilogo intrappolato tra vento, pioggia, asfalto e infine briciole bagnate, non piu' humus, non piu' nutrimento ma palla di fuoco esplosa e ridente per l'unico viaggio che ha senso intraprendere.
Se il cielo dovesse aprirsi improvvisamente
non ci sarebbe piu' legge, non ci sarebbero piu' regole.
Resteresti solo tu con i tuoi ricordi
con le scelte che hai compiuto
e le persone su cui hai lasciato il segno

martedì, novembre 11, 2008

Sono eppure son desto

A un certo punto lingue tutte appaiono uguali, equamente confuse ed aliene e non intendo, non parlo, non comunico eppure non vi sono segreti rimasti, nessun inganno quando non udire equivale a non giudicare e non essere costretti a giudicare libera mente e cuore e gambe e via urlando forte frasi sconnesse ed incomprensibili, per questo immense e gigantesche, troneggianti deserti e citta' decadenti, lontano nell'arroganza o consapevolezza che muro e' libro, mattone e' verbo, inutile pugno e' aggettivo, sintassi sublime per mie sole orecchie nel vanto di conquista certamente meritata, presente e noncurante, limite reso alto pregio.
Batto un colpo, batto un colpo, rombo profondo, rombo circolare, onde concentriche su riva immobile abituata ad urti, piccoli sconvolgimenti, trascorrere di anni e vita, vita d'un tratto trascurata, dimenticata tra stracci e pentagrammi, kilometri sempre piu' neri, sempre piu' bui, sempre piu' noiosi, distanti e vicinissimi, vicinissimi ed irraggiungibili nella voglia di un passato non pienamente sublimato, precognizione di cio' che gia' e' stato, vissuto vivente, avvolgente, tepore in eccesso e perfetto habitat impossibile da abbandonare senza ridere, senza piangere, senza sanguinare ed e' sangue gia' versato ad incrostare interstizi profondi e nerissimi.
E' notte e queste sono le mie parole, e' giorno e' queste sono le mie parole, parole, notte, giorno, e' confusione, sempre piu' confusione, e' mescolanza di tinte, grigi risultati nel grigio intorno, nel grigio nido di occhi rossi e luminosi, tenebre e senso di fine imminente un po' ovunque, cerca i segni, vedi i segni, eredita' misera, certo nulla in tempo mescolato ed acerbo se ancora impreco e non spiego, non m'abbandono e affronto inevitabile resa dei conti.
Poi basterebbe raccontare, prima chiudere occhi ed ascoltare, orecchie sigillate e udire piu' forte nel frastuono finalmente non piu' mio se mio deve essere, se mio s'asciugasse come terra umida al sole, come preghiera che infne cielo raggiungendo, nel cadere diviene luminosa stella, rovente desiderio.
I'll kick the world to spin around
Like wheels on my machine
The whole thing gets a carousel
The greatest ever seen

lunedì, novembre 03, 2008

Inizio senza fondo

Questo contrattempo spalanca sguardo verso specchio da troppo tempo distrattamente scrutato perche' e' ragione nel dire che non sono piu' io, che plastica fusa rallenta movimenti nell'illusione che mondo stia rallentando con me, che non distinguo piu' strada da aria da cemento da alberi da elettricita' da pittura da musica da carta da istinto da sudore da parole da benzina da cibo da ritmo da ritmo da ritmo.
E' che ho dimenticato quando quella crepa e' nata, quella crepa si e' allargata e nel fragore di specchio caduto, innumerevoli scaglie sbriciolate, forse non troppe se ho saltato, calpestato, giocato e gioito sui cocci e se di se' stessi non si butta via niente, di frammenti ho ricomposto la superficie, di schegge ho martoriato le carni, di sangue ho venato congiunzioni lucenti e ho riso fortissimo, pazzo ho danzato e infine ho rimesso ogni cosa al suo posto e innanzi milioni di nuovi me, minuscoli pezzi che non compongono intero ma l'amplificano in corpo infinito, infinito potere, infinito pensiero, illimitato, illimitato, illimitato e forse non vedo piu', forse non riconosco piu', forse non distinguo piu' ma ascolto, maledizione quanto so sentire in questa stanza piena di luce, piu' stelle di trilioni d'universi perche' luce e' suono, movimento e' ancestrale rito del quale posseggo conoscenza e ricordo, ora ricordo, so e ricordo.
Da qui si riflette l'infinito niente, sopra, sotto, dietro e attorno ad unico centro e sono dentro, sono fuori, sono ovunque e la vista toglie il fiato laddove persino scudi appaiono micidiali spade e gola piegata, urla di coraggio e forza e la verita' corre di frammento in frammento e non si ferma, non mi fermo, nulla si ferma.
Quanto dura, da quanto non riposo, per quanto posso ancora mantenere sguardo incantato ed illuso se un giorno mi ritrovero' in un solo minuscolo punto di luce incapace di lasciare segnale oltre propri confini, oltre un lascito sprecato, al di la' di una verita' che inutilmente so essere assoluta ma sempre piu' se deve essere congiunzione io stacchero' queste mani dalla terra e anche se non saranno ali, almeno saro' libero.
Pioneer of aerodynamics
they thought he was real smart alec
he thought big they called it a phallic
they didn't know he was panoramic
little eiffel stands in the archway
keeping low doesn't make no sense

lunedì, ottobre 27, 2008

Taglio mai netto

Ho sentito il fiume deviato dal suo cammino, greto dimenticato ed ora immacolato, acqua di origine nota e destinazione sconosciuta, percorso in qualche modo piu' triste e desolato.
Perche' lo so e' mistero, cosa dedurre da poca schiuma sopra arrotondate rocce e' parola detta piano da non svelare anche quando segreto e' attraversare del tempo, nozioni da imparare, crescere e non fermarsi al dolore del tramonto, arrendersi all'inevitabile ciclicita' della vita, dell'esistere e ancora un passo a salire su scala d'umano avvicendarsi, metro in avanti verso valle e comunque spostarsi ciechi ed impauriti, trascinarsi, trascinati, viaggio senza movimento.
Forse ho spostato io quel fiume, certo ho spostato io quel fiume e cosa sarebbe accaduto non facendolo, il mare, dove sarebbe stato il mare, quali acque mescolate a quali, frutti, semi, alberi di strane radici, altri senza a navigare su nervosi flutti ma incombente fine come costante ed imprescindibile destinazione.
Uccidere sorriso e' bestemmia contro umanita' tutta e condanna esemplare e' libero osservare orizzonte declinare in nero silenzio mentre alle spalle passato si disintegra in nomi indistinguibili tra loro, lacrime ammassate come carta fragile al tocco, quindi sto pagando, sconto pena tra note dolorose di sassofono senza speranza e senza cuore se cuore muore giorno per giorno tra distanti rive di terre inutilmente esplorate.
Forse non so, cerco perdono nella confusione di acque comunque possenti malgrado colore non piu' cristallino, troppa terra trascinata negli anni, troppe piogge gelate come frustate che sola mia schiema merita se alla fine nessuno vince, nessuno perde, tutti sopravvivono come possono e nulla e' come doveva essere, tutto e' meglio, tutto e' peggio, tutto e' diverso, tutto ha dolorosi spigoli e non e' il male in se' quanto la domanda che a stento esce da labbra secche ed inutile e' guardare verso occhi miei bruciati da troppo buio.
Poter versare una canzone nel bicchiere di miglior cristallo certo non basta ma e' tutto cio' che so fare, e' unico inutile merito di mani che non sanno vedere, solo rudemente afferrare e strappare e frantumare e giustificare l'innecessario come universale legge, come verita' che sa di triste mondo reale in un desiderio frantumato.
Sail on silvergirl sail on by
Your time has come to shine
All your dreams are on their way
See how they shine
If you need a friend
I'm sailing right behind

giovedì, ottobre 23, 2008

Segni dentro la mente

Stanotte sin troppo disprezzo indossa abiti dell'oggi per non cadere nella voragine di musica che continua a conoscermi, a salutarmi con una carezza e forse e' vero essere unico tocco che ormai so accettare, sole labbra di lingua nota, pugno che ancora fa male e sangue vermiglio non mente, non mente mai.
Istinto e mani nervose volano verso sigarette gia' bruciate, fumo che ancora annebbia occhi arrossati in cerca di autunno mai terminato eppure spaventosamente lontano, mutazione, mutazione e trasformazione, forse crescita o abitudine segnata da solchi non ancora marcati ma inesorabili come fuoco che scava immobile superficie della terra, cristallizzando sabbia, evaporando acqua, incenerendo cio' che incolpevole vive.
Si faccia avanti quel mare, piu' vicino oggi di allora eppure sempre piu' irraggiungibile, guscio di un sogno che non deve essere realizzato perche' carne soda e compatta di corpo che non s'arrende e non vuole guardare, non vuole vedere, non pensa, non pensa e tutto e' grigio e tutto e' rosa e tutto e' campo verde su fresca montagna, ruscello che ancora non so fermare, mani gelate e bagnate nella conquista di minimo comune denominatore che gia' conosco e senza vanto posso solo regalare, senso univocamente determinato in un tutto fare ridotto a scelta giusta, quella almeno giusta si.
A volte e' strana rivelazione, altre bisogno di regressione salutare e benefica, cibo dal gusto acerbo che porto lentamente alla bocca come ultimo pasto, nutrimento che sa di fine e immenso, di dono dovuto, di meritato inno a tutto quanto abbia un senso definibile ed ammirabile in un'arte che non si sa bene cosa, che non si sa bene come.
Ansia da accontentare, nuove scoperte, perfezione rivelata ad occhi chiusi quando gioco si confondeva col cielo e con le stelle, plastica tecnologia di un cosmo che ritenevo immenso eppure tra le finestre l'oggi e il domani, germinato seme, preludio ed epilogo, forse definitivo punto a tutte le frasi ancora da scrivere, ancora da costruire.
There ain't no communication
but I'm trying to make it
There's a world of gloss and I'm trying to break it
With my tiny little hands I'm building castles in the sand
I'm only one of the Lost generation

martedì, ottobre 21, 2008

Il vero soffio

Cielo bianco, compatto m'ignora mentre penso a un po' di tutto, mentre questa terra sfiora senza calore eppure avvolgente e nel mentre percepisco separazione di individui a loro volta scollati, percentuale di trasparenza variabile, nuovi fantasmi, nuovi uomini stratificati nel tempo,futuro  infinitesimo eppure irrinunciabile in cosmogonica logica che idea sola di Dio puo' far accettare e comprendere e' rifutare, cancellare, eterno ridotto a ectoplasmatico serale televisivo.
Guido perche' in fondo e' raggiungere qualcosa, qualcuno, avvicinarsi se medesimo allontanarsi sopraggiunge ed e' cosi' freddo il volto al tocco, talmente algide le mie mani e lontane e asciutte e desiderose di cio' che gia' possiedono ma consapevolezza e' pericolosa, speranza e' certezza, piccolo brivido elettrico e velenoso, droga ed illusione a pagamento di rinuncia mai del tutto attuata.
Come supplica irrompe compassione e tenerezza, sentimenti di celeste colore e odio quel cielo bianco che tanto rimanda a fluido mio sangue e bramo cessare esistere, indegno ed inutile, soppiantato da storia e uomini, palesemente fuori contesto tra chi ha accettato ruolo e in esso ha significato e ragione.
Vivere vergogna di non vedere con altri occhi, non riflettersi in disagio sconosciuto, coraggio, mancanza di coraggio per sopportare peso di pianeta da edificare, modellare e in quella che appare corsa obliqua, inutile, inutile, inutile.
Cio' che aleggia non e' arroganza, e' umile nullita', spiacevole ammissione in dolorosissimo minuto nel quale vorrei stringere ed accarezzare, consapevole del donare fortificante acciaio e ricevere verita' assoluta, unica possibile, la sola necessaria in cio' che rende tenera comunque ignobile notte e quando raggelato resto nel mio bianco indurito cielo e inseguendo quel profumo eterno di lavanda, sprofondo ancora un poco nell'inutile profondita' del nulla condurre, dell'osservarsi aliena sostanza in luogo d'altrui materia, di significante oblio.
Say hello on a day like today
Say it everytime you move
The way that you look at me now
Makes me wish I was you
It goes deep
It goes deeper still
This touch
And the smile and the shake of your head

martedì, ottobre 14, 2008

Viatico

Anno 2050
Un treno lontano corre veloce, fischio fantasma a smarrirsi. Piove, un poco piove, poi smette, si smette. C'e' freschino, il tempo sta cambiando e senza accorgersene il verde degli alberi pare cantare dopo piacevole risveglio. Lampi lontani e l'estate saluta con ampi gesti grigi chi ha voglia di guardare, di uscire innanzi a un mondo che non ha la minima intenzione di fermarsi.
In fondo perche' mai dovrebbe farlo?
Anno 12432
Un albero cresce, un albero muore, un altro viene tagliato. La citta' e' lontana, caldo cibo vicino, punture di rosso tinteggiano la terra, strisce multicolore rigano il cielo ma fredda atmosfera sovente sorprende ed inganna.
E' giorno che sembra non finire mai, e' benedizione libera di volare, ali portentose come mai viste prima.
Anno 7045
Strane luci la' in fondo ma e' tutto normale, e' sempre tutto normale. Tende bianche resistono all'imbrunire ma  battaglia e' persa, e' susseguirsi delle cose, e' irrefrenabile onda di migliaia d'altre, milioni forse, equilibrio immutato, acciaio, roccia e oceano indistinguibili tra loro, meravigliosi e possenti seppur soli, abbandonati ma stoicamente integri in riflessi ed intenzioni.
Anno 2024
Grandi piedi pestano brulla terra; ora il frastuono e' terminato. Da qualche parte bisogna iniziare ed osservare attentamente puo' essere inizio. Il lago forse non c'e' piu', ma la sua acqua e' ora vapore, presto nuvola, poi energia, infine tavola imbandita di lauto pranzo gratificata e ancora occasione per sedersi ed aspettare
Anno 187633
Vola, si vola. E' esaltante, e' divertente, e' nuova rinascita.
Il mio desiderio e' esaudito: posso vedere.

lunedì, ottobre 13, 2008

Di-nologo

Qual'e' la canzone del tuo giorno? Tante diverse lo so, ma gli accordi, si gli accordi cosa ispirano, a che luogo conducono? E la testa, quanto fa male aprire gli occhi oltre il necessario oceano di desideri rigorosamente irrealizzabili, tenacemente silenziosi, umili quel tanto che basta per spalancare occhi increduli innanzi al deserto di carne e cemento, scivolando irrequieti tra inutili discorsi e grigi fallimenti quotidiani ed inevitabili.
Voglia di dormire, voglia d'imparare, studiare senza leggere, senza pesante leggerezza di inutili parole vicine per inerzia, per denaro, per politico spiegare un mondo sempre diverso o sempre uguale solo quando non serve, mentre non e' necessario, elettronica, elettronica, elettronica salvezza di suoni remoti e dimenticati, inutilmente immensi, palestra d'antica ed inutile foggia laddove statico e' virtuoso e dannoso e' trasgressivo.
Piccolo theremin, sintetico spaventoso amico, che sia tuo quel giorno tanto agognato, se fosse in te principio e fine, diritto e dovere di qualcosa che per forza cerco ed evito, montagna imperscrutabile e angoscia montante come fitto bosco all'imbrunire, raggi di stelle che non sanno scaldare, soltanto indicare possibile salvezza, forse alternativa fine.
E la mia, si la mia canzone oggi non ha melodia, irriconoscibile tracciato e note come inutili macchie nere su foglio rigato, piu' silenzio che onda, come fischio che si perde nell'impossibile della notte, nel copioso sudore che impedisce dormire, nella solitudine che mi domina e separa dalla voglia di umanita' e nulla mi giustifica, forse lamento patetico ma sincero puo' raccontare, puo' servire, puo' aggiungere pezzetto grigio di grigio ritratto svelando grandioso sfondo con minuscola figura indistinta e sfocata sulla quale e' inutile strizzare gli occhi, comporre versi e giudizi.
Per il resto non so, quanto resta non e' piu' qui, cercare oltre, proseguire, proseguire, la via e' scorrevole e ben illuminata ma oltre, oltre queste colline, lontano da nebbia ed erba tagliata, nel laggiu' eccessivamente lontano per chi imprigiona canzoni nel cuore, per chi confonde accordi con aria da respirare e respirando fa di questo esistere.
Dico del mio silenzio indiano
un dialetto di lontani specchi
e nuvole parlanti, è così
che scrivo io...

martedì, ottobre 07, 2008

Nero stendardo

Lento, lento, lento, lentissimo, bavosa traccia alle spalle del tempo che passa scivolando in fessure sporche, forse inventate, forse annoiate in dormire senza sogni, catalessi che somiglia ad incubo di nebbia e nulla a sostenere realta' apparentemente liscia, invero carica di bigio vuoto che ferisce ed atterrisce.
Lento, lentissimo, caparbio procedo, nell'ombra osservo, non commento, leggero disgusto, combinato sguardo, consolazione minima solo augurata, bramata senza alcuna convinzione e come automa rispondo a misteriosi comandi dettati da necessita', compulsivo restare, silente permanere come sopportazione meritata, fio da espiare in silenzio e sottomissione, ribellione rimandabile a tempi migliori e piu' consoni.
Rientrare combattendo tra sonno e jazzata chitarra perche' qualcosa ancora non torna e ben piu' di una domanda attende risposta, nel muoversi che non sento avvicinarsi o lasciare ancora piu' indietro e quanti inutili tentennanti e fragili sguardi oltre torbida parete, illudendosi che solo li' vi sia limite vero, timore di solitudine edificata oltremodo spaventosa, consapevole non sia crescere ma invecchiare, attesa di punto di rottura dal quale non tornare, non tornare piu'.
Leggo disappunto, leggera condanna, diverso giudizio racchiuso in cacofonico vento e non v'e' rifugio nella spaventosa stanza degli incubi colma di malattia e aria nucleare, non c'e' posto tra fiati imponenti di film lontani, non so raggiungere quel mare ai cui piedi riposano barche colorate e castelli distrutti di pietra comunque eterna e in ogni luogo lontano rosso sole morente, gorgo di tempo e spazio comunque fine degna e ben accetta perche' se morte separa e amplifica distanze e valori, cosmo ridotto a battito di ciglia e' pura poesia di materia ed energia, e' rivincita assoluta del niente sul tutto, maledetto dna inutilmente sparso, perduto e infine troppo tardi ritrovato, walzer ultimo cadenzato da timpani possenti che realmente ci vedra' felici e abbandonati nel bianco calore di un fuoco infine nostro, nostro davvero.
Shades of night fall upon my eyes
Lonely world fades away
Misty night, shadows start to rise
Lonely world fades away

mercoledì, ottobre 01, 2008

140x3

Circospetto e curioso, ambiente di luci al neon, pareti immacolate e strana atmosfera, sorta d'iniziatico spazio leggermente fuori luogo, remota appartenenza, saluti tesi, tesi movimenti piccoli e contratti, indecisione bagnata di solennita'.
Figure sbiadite su pagine sigillate ed ecco guida e maestro, parole dette piano per non farsi troppo sentire, per non essere giudicati in eccessiva fretta, per imparare e non farsi notare fluidificando tra fessure e discorsi, tra sorrisi e conoscenze, lenta azione d'indefinibile importanza, di futura rilevanza.
Qualcono smise d'entrare, altri ridevano forte, banale sarcasmo, arroganza di chi non sa, di chi non s'evolve, di chi ritiene sbarre d'acciaio legno robusto e s'accontenta di ferrose schegge illuse in oro ma se saper soffrire e' dovere, se saper capire e' paio d'ali, se suolo non e' polvere ma granito allora e' lunga strada ma di fine vicina, lampioni illuminati di rossa brace, vento sempre caldo persino nel solitario inverno quando aria e' premio nella fine dell'indecisione, in luna nuovo sole di notte non piu' tenebrosa, non piu' oscura, solenne e maestosa, qualcosa che inizia e non finisce.
Facile tramutare ore in anni e anni in forza e forza in sincretica forma, equilibrio inaspettato, inaspettato avvenire, curioso voltarsi ed osservare e risposte a precedere domande, distinguersi infine per cio' che si e', per coraggio scritto su prominenti vene, nell'alzare braccia e gettare senza raccogliere, non elemosinare occasioni ma creare montagne.
Quanta energia afferrata e bevuta come delizioso nettare, incapace di pensare ai mutamenti perche' non so piu' ricordare cio' che non sono stato, svaniscono le azioni non compiute e come fugace visione e' in me il male che non e' entrato, il dolore non vissuto, giorno infinito e pallido sepolto da possenti lampi, tempeste vigorose e abbagliante astro in cristallo e brezza fresca come nuova vita che nasce perche' nuova vita e' davvero nata prima di farmi cenere, prima d'abbandonarmi a scontata rassegnazione di tempo invincibile perche' guerra da perdere e' una ma battaglie vittoriose infinite.
Silence in the darkness creeps into your soul
Envy moves the light of self control
The gate that holds you captive has the door
Burnin' with determination to even up the score

domenica, settembre 28, 2008

Piacevoli fluttuazioni

Posso non guardare le mie mani se pensiero analizza spazi e volumi con chirurgica precisione, con mai assopita passione e sorrido osservandomi dall'esterno di anni trascorsi a percorrere nazioni e continenti, cavalcare atomi ed onde energetiche, velocita', velocita' oltre lentissima luce perche' si puo' andare oltre ogni luogo si desideri.
Allontanarsi e non importa quale sia il ritmo, irrilevante direzione, irrisoria intenzione se spazio curvo non si piega in piani perfetti che perfetti poi non sono mai e occhi s'ingannanano, occhi s'illudono, occhi sbagliano tutto e cosi' chiudo fuori luce a lascio scorrere potenza e sangue perche' so esattamente cio' che faccio, incondizionato riflesso di nuovo respiro, diverso ma necessario, da tempo inusitato ma invero atteso e voluto.
Ebbene viaggiando e viaggiare, allontanarsi e senza rendersene conto tornare, senza un perche' gioia ed e' gioia meritata, bramata come impossibile conquista quando gia' stava in ogni giorno minuto, essenziale ed in questo banale, sottovalutata ipotesi di felicita', di semplicita', fuga dovuta ma sbagliata, voluta ma impropria ma non importa, no non importa piu' se pelle e' calda da vasca bollente, pancia piena di ottimo cibo, morbido cuscino sul quale smettere di nascondersi e riprendere discorso lasciato a mezz'aria in balia di finestre aperte e correnti gelide.
Con delicatezza appoggio vile materia ed e' spostare diamante nell'esatto solco pronto ad accoglierlo lasciando statici frammenti a riportarmi laddove imperfezione e' brivido, quando cuore regala battiti ad altri contatti, altri racconti di vite lontane e vicinissime, altre canzoni che incontrollabili prendono possesso dei brividi in attesa d'evocato richiamo, raccolta preghiera che il mio Dio sa accettare e benedire.
E' piccola realta' in immensa fantasia ma so buttare logica alle spalle, so ascoltare sinfonico eco seppur concluso e di certezza far ipotesi perche' altrimenti e' fermarsi, alternativa e' oblio.
C'e' una porta che rimane aperta
per sentire ogni rumore
per un'altra soluzione incerta
tuo senza rancore.

mercoledì, settembre 24, 2008

Cio' che e' noto

Ogni mattina una partenza in strana contrazione di tempo e spazio, kilometri come centimetri come siderali micrometri in impaziente mente, assenza di causa effetto, dopo distante un gioco, un sorriso, in attesa di gioia dovuta ed irrinunciabile quando irrinunciabile era assoluto.
Illuminato da sole rovente, nessuna fatica, nessuno sforzo nel rito di mistico inventato e da inventare, accettare quanto accade col sogno di chi ignaro dorme e confonde differenti piani di realta' mentre asfalto vivo si snoda di serpente affondato nell'azzurro, ripido e spaventoso scivola tra rovi e terra brulla, terra in fiamme, giallo e marrone nel preludio di bianche case, donne nere, nerissime, strana umanita' alla quale eppure appartengo molto piu' di quanto vorrei, gente che dimora in guscio di noce nel poco piu' che primitivo, scomparsi ricordi, atemporale saluto e ricordo sfalsato nei racconti di chi educa, di chi insegna, di quanti non sanno, non capiscono, non si rendono conto.
Redentore nelle note, mano di Dio benevola e gentile se arrivare e' qualcosa di piu' di fermarsi e prendersi con forza la vita, se toccare terra e correre e nuotare e inventare e ascoltare e imparare resta immutato e fortissimo, secondi da contare perche' secondi che contano, perche' respirare aria tersa ovunque occhi chiusi conducano puo' essere immenso privilegio, esperienza d'indicibile potenza quando valore del giorno che finisce si misura in lampadine accese, mani gelate, fotogrammi sempre piu' noiosi, sempre piu' distanti.
Paradosso di quanto non ha sapore, non piu' eppure un tempo sale e cuore, energia che muove e agita pensieri malgrado disprezzo e giuramenti, stanchezza e disgusto di luoghi che non ho saputo comprendere, di gente invero compresa benissimo, rimanendo aggrappato a mancanza di nostalgia, forse un ritorno, minuscola voglia d'inconsapevole immortalita' in luce bassa, sottile respiro, stelle oscurate in tetra anima.
Then I was inspired, now I'm sad and tired
After all, I've tried for three years seems like ninety
Why then am I scared to finish what I started
What you started - I didn't start it

giovedì, settembre 18, 2008

Visibile lato oscuro

Cio' che non rende adulti potrebbe essere capacita' di stupirsi o forse meraviglia di nuove vie, nuovi suoni, nuove sensazioni, sinergia tra innocenza e fantasia che esperienza trascina con se' affogandola nella sicurezza, certezza di tutto comprendere, ogni cosa gestire, immenso ridotto a foglio multicolore.
E' cosi' eppure non e' cosi', non sempre, non per oasi di felice e immobile terra, luogo senza tempo perche' senza inizio impossibile conoscere fine, ritenzione di purezza, conservazione della migliore parte di ognuno, meritorio ricorso a mai dimenticato sentimento d'universale passione, infinito tra minuscoli sassollini perche' nell'insperato nulla si celano grandi verita' in un rincorrersi trasversale alle dimensioni, alle ere che s'avvicendano come inutili secondi, a parsec distanti pagina girata e divorata d'incontenibile passione.
Comprendere e' irrilevante, sentire e' oltre lo sperabile, auspicabile ma certezza non esiste nel breve intercorrere degli sguardi quando serve intera vita per decidere cosa sia rimasto in dono, trasduttore di bisogni in necessari voli quando cielo e' troppo grigio, mentre pioggia uniforma a lacrime persino colorati aquiloni che sfidano nembi e lampi, incuranti di fiamma e tuono nel solo intento di esserci, col solo scopo di resistere.
E il mare, perche' c'e' sempre mare mentre si cresce, scoprendo che sale brucia ma da' sapore, che pane e' come carne di un Dio molto piu' vicino di quanto si possa sperare, che suono appresso all'altro puo' divenire sinfonia se orchestra cavalca vento e onde, se antica torre e' roccaforte di mistero che deve rimanere tale nel cuore di bambino che non vuole crescere e senza crescere viaggiare nella schiuma dell'oceano in amore con terra, con pelle, con futuro incurante e per questo stupendo, per milioni di motivi, migliore.
Salutare infine, pregare e ringraziare, ricordare continuando ad ascoltare, seguitando a sentire, fino all'ultimo emozionarsi e sperare in dolore e paura spazzati via da canto d'angelo donato agli uomini e se si ha saputo dare serenita' agli inferi allora davvero si merita eternita', davvero si eredita terra, davvero non c'e' alcun limite.
I'm not frightened of dying, anytime will do, I don't mind.
Why should I be frightened of dying?
There's no reason for it, you gotta go sometime.

martedì, settembre 16, 2008

Rise and shine

Ancora scambio nebbia con sole, incerto su chi arroventa pelle e sensi maggiormente, se brividi da brina o sudore copioso, se abbagliare fu caldo plasma verticale o luci diffuse di traffico serale nell'inutile corsa tra case e tavole imbandite, se respirare vento e smog o corsa spasmodica in quantita' per essere felici.
Rito di viale e luci basse e mai strada chiusa mi ha portato piu' lontano, nessun ostacolo ha offerto piu' scelte ed infiniti raccolti, barriere che aprono possibilita' e nel caos ovattato della sera sentire voci e sussurri di amanti e poeti, cantori di speranze vicine come lenzuola fresche e profumate, fiori, fiori nella notte incapaci di stingere nel buio, piu' forti dell'oblio, piu' vitali nel silenzio, piu' profumati nel vento che anzi veicola afrore d'antica provenienza, olfattivo ritorno a ricordi mai troppo lontani, un passo da palpebre socchiuse, ipnotizzati movimenti d'atavica danza rinnovata in nuova vita, nuovo futuro, inedita combinazione unica in cuore e gambe ma cosi' era, cosi' sara' sempre.
Vedere il futuro di ora in ora, sentire singola carezza come se intera umanita' donasse tutto il suo calore e ancora confondo, ancora non distinguo braccia da librerie gialle da siepi da motorini rossi da palazzi da ascensori da chitarre maledette da cio'che non era, cio' che non e', cio' che sveglia petto mentre si dorme e interrompe sogni violenti, visioni spigolose, imperfetta visione rovente, abbagliante, dolorosamente a colori, misteriosamente profumata di menta e viola.
Tentazione di spogliarsi di tutto perche' in ogni luogo del mondo strade si chiudono al passaggio, si schiudono alle fantasie piu' sfrenate laddove vivono i racconti, quando speranze si sciolgono come miele in latte caldo, dolcezza di altro sapore che rivive nella nebbia, nel sole, nel bagliore diffuso che esalta nascondendo, prisma genitore d'arcobaleni e benefica elettricita', scossa di piacere e dolore, nervi scoperti per tentare di capire, per districare dalle mani nebbia e sole, sole e nebbia, solo nella nebbia.
Disegnero' ad occhi chiusi quei momenti
che ricordero' come se fosse solo un'ora fa
e lascero' che i miei pensieri ti tormentino
saranno li per farti compagnia
se vorrai

giovedì, settembre 11, 2008

Quasi 9

Tonfo, suono sordo di cio' che va oltre la semplice fine, simbolo di comune essenza, dolorosa assenza, permanenza di interrogativi che non so piu' pormi, lucidissimo ora nella luce di consapevolezza totale, totale ragione.
Fogli come ali ed e' pensiero che esce alla luce del sole, respira ossigeno librandosi in esso, con esso e non importa quale che sia il contenuto se espressione di mente infinita e libera proprio nel seguire un futuro senza inventarlo, bisogno primario forse mutato, deviato perche' no ma davvero unico in un mondo che merita ogni parola vergata nel quotidiano.
Inutile ricordare, celebrare macabro rito, sputare odio e rancore perche' sentimenti forti appartengono a giovani cuori carichi di distruttiva potenza; qui pietra e acciaio ghiacciato, famelico.
Meglio attendere a fianco del tempo amico, meglio osservare polverosa nube avvicinarsi respirando profumo d'erba tagliata e orrore come ricordo, premio ambito, delicato col senno di cio' che piu' non sara', ridicolo spettro come altri prima, s'agita e strepita, grottesco movimento contenitore di piccola natura, spazzatura nemmeno troppo maleodorante ma certo vergogna in limpida e onesta casa.
Ragione e' nella mente dell'uomo, nel cuore dell'eroe, nel ventre putrido di chi la rinnega, nei piedi degli stupidi e senza alcuno sforzo lasciare che anni cancellino imperfezioni, smussino spigoli, detergano pavimenti non troppo esausti per essere ancora calpestati, ancora lucidati, ancora tramite di viaggi e scoperte.
Tempo ha senso, tempo va in un senso, tempo e' senso ultimo, regola infrangibile, dovere e privilegio di ogni alba, di tutti i tramonti, di opere quotidiane che esigono tributo in giorno onorato non per noi ultimi e imperfetti bensi' per chi ha saputo volare, cavalcare immortale discesa, certo invertita ascensione verso terra troppo lontana, troppo vicina, ovunque presente, gloria di coraggio nato in tempi antichi, valore unico e solo nel riflesso di una preghiera, di vera eternita' che si compie e si realizza.
Heads all turning
Towards the sky
Towers crumble
Heroes die
Who would wish this
On our people
And proclaim
That His will be done
Scriptures they heed have misled them
All praise their Sacrificed Sons

martedì, settembre 09, 2008

Nessun dominio

Pace di suoni neutri, diretti ed immediati nelle orecchie di chi sa ascoltare immense sinfonie senza udire rumore di fondo di un oltre che e' qui, perplessita' esaurita a pochi passi, breve distanza che appare lontanissima senza fermarsi un momento nell'abitudine, nella consuetudine.
Pietre disposte da uomo potente eppur rimodellate da inquieta ed imprevedibile natura che respira, vive nella potenza del proprio esistere, parla col suo silenzio e ascolta i suoni del mondo che a volte, solo a volte, e' sincronizzato duetto con note di sassofono disperso nella folla, col bisogno ormai sconfitto che non trova altra voce che non sia propria e persino indifferente passo partecipa ad inconsapevole concerto.
Resto immobile, respiro appena, potrebbe essere un momento perfetto e m'immergo in esso come schiuma viva, dicotomia tra pensiero e movimento, statico e silente in opposizione a fluido benessere, mescolanza con qualcosa che non conosco ma so essere essenziale, profumo di dimenticata purezza, fragranza che un tempo inondava risveglio e giornata tutta, quando simbiosi era ignoto permanente stato delle cose, sotteso pensiero.
Straniante effetto, universi lontanissimi in dolce collisione e d'un tratto sono ovunque, sintonizzato e allineato ad impensabile quiete, aliena sensazione dalla quale qualcosa dovrei pur imparare come non fosse magia bensi' metodo, alternativo sentire, percezione diversamente tarata e contrasto di bordo che delimita e delinea.
Forse e' magia di un suono che piu' e' lontano piu' avvicina a se' stessi, apertura un cio' che si potrebbe definire spazio illimitato non fosse per troppa fretta che paralizza, interi giorni che ci possiedono restituendo poco o nulla e se fronde ventose sono braccia che si tendono lievi, posso ancora ricordare, sperare in giorni passati divenire futuro, sentire di possedere almeno in parte, certo il migliore dei destini possbili.
It doesn't mean much
it doesn't mean anything at all
the life I've left behind me
is a cold room
I've crossed the last line
from where I can't return
where every step I took in faith
betrayed me
and led me from my home

sabato, agosto 23, 2008

Anelli di fumo

Kaneda, che cosa vedi?
Parlami dell'onda di plasma che sta per avvolgerti, raccontami di come ci si possa annullare nella luce, spiegami cosa accade quando si torna ad essere pura energia, puro calore, fascio d'elettroni puntato oltre terrore del corpo, supplizio di mortalita', tormento e attesa di pesante esistere, inutili rotazioni, spirali su inevitabile nulla.
Cos'e' la paura Kaneda, si ciba forse di debolezze o della loro assenza, di essenza magari oppure e' grigio soffitto di notte insonne, atavico desiderio di esplorare oltre la roccia, oltre fiume che e' sostentamento eppure confine, placida trappola dalla quale fuggire pagando pegno in mortale sconfitta o peggio eterno ed inutile grigio.
Qual'e' la strada Kaneda se ora i miei occhi sono chiusi e ciechi e doloranti, pieni di immagini che non voglio piu' vedere, colmi di inespressa arte, inedite ardite sequenze di film mai girato, occhi che non sanno scegliere perche' tutto e' gia' stato deciso, calcolato, segnato, baratto perdente e sfortunato.
So che non puoi tornare indietro Kaneda perche' esistono scelte ed ogni scelta e' compagna di strada, promessa da mantenere ad ogni costo e forse quel muro che ti si para innanzi non fara' male quanto cio' che gia' e' lasciato, cio' che gia' e' trascorso celato in troppa voglia di confondere fine con mezzo.
Sono stanco Kaneda, stanco d'ascoltarmi, stanco di aver compreso infinito superfluo, montagne impossibili da scalare, stanco di qualcosa che non esplode, che non squarcia il petto una volta per tutte, una volta per sempre, stanco d'aver combattuto e vinto, troppe volte aspettato, troppe volte ricevuto e troppe volte abbandonato.
Forse e' li' che devo andare Kaneda, raggiungerti in silenzio, in silenzio ergermi fiero e impavido, perche' talvolta sconfitta e' unica forma di vittoria auspicabile.
Si Kaneda, che cosa vedi...

venerdì, agosto 22, 2008

Dominare il mattino

Circondato eppure ancora dentro me stesso, conto occasioni e strumenti, ascolto cio' che poco a poco consuma dolore chiedendo piccoli pezzi di vita ancora una volta sacrificati a orrendo silenzio.
Bisogni primari, soluzioni rivoluzionarie in spazio sufficiente a contenere vita intera, esigenza sempre piu' forte di non lasciare nulla di se', sparire liberando poche immagini, qualche parola, infiniti pentagrammi, essenza piu' che sostanza perche' oltre rimangono decenni di immane fatica, potenti lampi che qualcosa hanno eppur illuminato, fortificata corazza di cuore pavido e grasso ventre, parvenza e potenza, miscidata sostanza che ha retto e sostenuto sguardi troppo bassi e silenzi profondamente imbarazzanti.
Tecniche eccelse di sopravvivenza che domino e dominano frangenti d'orrore in cio' che puo' solo definirsi dorata fuga, privilegiata e fresca oasi in inferno d'esistenza confinato altrove finche' dita sanno muoversi, fintanto occhi filtrino ancora luci da nebbie e stomaco non urli di arrendersi a strisciante nausea, eccesso di resistenza, giusto che confonde piu' dell'errore che si ostina a cacciare, fintanto coscienza si annulli tra lenzuola sempre troppo calde, sempre troppo fredde, sempre troppo strette, sempre troppo ampie, sempre troppo buie, immerse in milioni d'errori, in frase mai dette, in troppe parole, in carezze non date, in canzoni rimaste chiuse in tremanti mani come colombe in trappola, in telefonate aride, in sole che sa arroventare senza scaldare, in desideri uccisi da un voto, in paura di vivere, in terrore di essere felici, in maledizione di chi ha potuto bruciarsi nel fuoco delle proprie passioni sacrificando ad esse ogni possibile entusiasmo, eredita' che pare ragione e sostanza, in fondo cio' che di ogni resta.
Del resto ho solo parole da pronunciare quando nessuno ascolta e in questo tempo asincrono imparo a benedire quanto e' concluso e cio' resta che scivoli, che s'accasci tra le pieghe d'altrui felicita', che parli a chi ancora vuole sentire, che illumini e protegga perche' se un senso esiste, anche se non qui, sia comunque sufficiente, passione restante.
Cosa ci portera' domani
se non ricordi troppo usati
Cosa ti apetti da quel cielo di nuvole incrinate
elettricita' costante
per mantenere la tensione
disconnessione tra i pensieri
programmazione dei miei desideri
stati d'ansia persistenti
cresce la paura, cosa senti?

giovedì, agosto 21, 2008

Qualcuno in piu'

Manca senso d'appartenenza e manca dai freddi pomeriggi di Dicembre, ricordo di fari riflessi sull'asfalto come fiamme antiche, nero santuario di preghiere e suppliche, gioco di vita impossibile da interrompere, da ricominciare, da rinfrescare con disperazione e ginocchia al suolo, con alberi che piangono lacrime di cielo.
Si cammina senza sapere di vivere, trasparente a tutto eccetto il dolore, ammantati d'illusioni cucite col passato nobile e fragoroso di quando illusione sembra presente e futuro di eterna epoca destinata a non finire mai, mai, mai.
Lava, magma mortale e fremente sostituisce fango viscido a coprire fondo instabile di cio' che ancora chiamo anima e basta movimento poco piu' brusco dell'ordinario per soffocare di rovente miasma, per morire di liquido incandescente  che esplode dentro stomaco e cuore, per spianare nell'orrore cio' che a fatica si raccoglie da terra e in alto porla ad avvicinare il cielo e attendere alba che forse nascondera' nella luce cio' che buio malignamente evoca.
Eppure osservo persone ed esattamente so d'essere irrealta', sfalsata dimensione, piccoli salti di frequenza tra universi irripetibili e qualcosa finisce, qualcosa inizia, la porta alle spalle si chiude e immobile scivolo con lentezza di chi conosce verita' del momento, formula di eterno passo, cio' che conduce a orizzonte degli eventi di totale consapevolezza, giusto suono, perfetta onda di bianco frastuono.
Strada immutata da allora, innumerevoli occasioni per uscirne, nascondersi dietro volonta' che non basta e non bastera' mai, trascinarsi stancamente protetto da roccia dura, durissima, sempre piu' pesante, sempre piu' rumorosa, battaglia che finira' in desiderio purtroppo realizzato in attesa di notte senza stelle, di asciutte lenzuola, d'incontro fortuito e occasione di troppo per perdere inedite battaglie e riempire di silenzio furiosa verita' che mai ho saputo sottacere in tutti quei giorni che da allora sono e saranno sempre giorni di troppo.
E il volto poi si scoprirà segnato
da tante storie che nessuno ha raccontato
senza finale: un commedia musicale
di solitudini a Natale
con chi non ti capiva mai.

lunedì, agosto 11, 2008

Il saluto dell'aviatore

Compressione, compressione, compressione.
Confusione di morti che danzano con vivi, nomi scambiati, invertiti, ricordi giusti in situazioni sbagliate dentro citta' distrutte, sorrisi falsi, sorrisi veri in guerre solo immaginate, presunti crolli, ancore scoperte nel senso d'abbandono, nel sentirsi soli una volta di piu', una volta ancora, attendendo la volta di troppo.
Seguire oro che non c'e' piu', vigliaccamente tradito, come Pietro rinnegato o restare nel comune miscuglio tra tazze sporche e parole svuotate, entusiasmo accondiscendente di quotidiano al quale in fondo sono ormai abituato mentre modellini grezzi inneggiano preludio a sconosciuto avvenire ed e' incertezza che vincola, forse salva, si salva, deve salvare, deve motivare e lasciare ogni singolo oggetto immobile, incerati divani, spogli tavolini a reggere inutile materia e polvere come pelle opaca e leggera, immateriale seppur visibile e palpabile.
Il tempo, se solo sapessi cos'e' il tempo lo inseguirei e non importa quanto impervie possano essere vette d'immisurata altezza quando giungere con rivelare e' tutt'uno, se rinunciare e' conquistare, possedere, conoscere, statico vortice perche' si puo' persino osservare caos senza distogliere sguardo da punto fisso.
In fondo e' solo un altro viaggio del quale non conosco luci, quelle che m'accompagnano di notte nel ritorno a casa, poesia al tungsteno, croma di nero pentagramma, tenera canzone, nenia di un mondo che vive oltre paure, dietro televisori, dentro ricordi, fuori mura come prigione barattata con protezione.
Chi dice che sogni sono guida e' colui che mai ha avuto incubi e se oggi, proprio oggi iniziassi ad indistinguere, potrebbe persino essere giorno nuovo, un po' piu' forte, un po' piu' debole, un po' diverso, passo nel buio ma avanti, ancora avanti, indomiti e curiosi, estranei a se stessi nell'infinita scoperta, nel solitario arrivo, nel nulla che e' silenzio.
Joy or sorrow what does revolution mean
To save today is like wishing in the wind
All my beautiful friends have all gone away
Like the waves they flow and ebb and die

mercoledì, luglio 30, 2008

Termoregolazione animale

Caldo, caldo asfissiante, pareti umide, depressione, sudore veleno viscido sulla pelle, sciabolate di sole da vetri incandescenti, pavimento cedevole, trappola per voglia di fuggire, salvezza e condanna, troppo stanco per decidere, troppo confuso per scegliere, annientarsi in azione da non compiersi, incompleto gesto.
Ogni musica e' frastuono e di frastuono sembra composto volume d'aria arroventata a restringersi, collassare in materia d'enorme specifico peso, irrespirabile ossigeno, fiato di dea malvagia, mortale spira che toglie vita, sottrae energie nel nome di arcaico rito, nel caos generato, nell'orrore pasciuto.
Ogni canzone passa distorta tra mani che non sanno piu' afferrare, tra braccia di cartone bagnato e fragili, occhi infiammati, abbagliati, perduti, irrimediabilmente persi tra figure distorte, bocche che s'aprono invocando chissa' quali sortilegi, malefici per non comprendere, per disconoscere propria umanita' nella perduta ragione.
Forse lasciare ogni oggetto immobile e' soluzione, forse spegnersi nella culla vibrante d'oblio ed infecondo riposo potrebbe donare pace, forse sussurrare minuscolo basta e' cataclisma quando niente piu' si sa riconoscere, se tutto cio' in cui si crede e' eco disperso in greto fangoso, se ultime forze sollevano lacrime e null'altro verso costellazioni crudeli e curiose, spirali metafora di circolare esistere, percorso obbligato all'interno di tunnel senza fine.
Si incertezza, si confusione, si smarrimento e poco a poco disagio antico del quale non dimentico fetore e come belva acquattata nei recessi piu' profondi dei pensieri ecco paura di perdere, terrore di smarrirsi urlanti e sconvolti su sentieri irriconoscibili e lontani, troppo lontani per tornare indenni dentro casa,
Poi rabbia, poi carne flagellata e a brandelli, poi pentagramma ricomposto, infine acqua gelida nell'inutile battaglia ancora una volta combattuta e vinta, nessun orgoglio, coerente in fondo nel frugale pasto del ritorno e questo si puo' essere fregio, indifferenza come medaglia in sempre piu' immobile e freddo petto.
I've got a plug in baby
Crucify my enemies
When I'm tired of giving
God is in me
With broken virtual reality
Tired of giving

giovedì, luglio 24, 2008

Simmetria tetragonale

Io sono equilibrio, sono centro esatto d'infinito vuoto e rovente esplosione di materia e tempo.
Io sono ogni strumento, ogni corda pizzicata su legno antico, accordo d'impossibile estensione, canto di popolo dimenticato, dialetto perduto, significato smarrito.
Sono capogiro che assale guardando il fondo, temendo precipizio, puntando dito al cielo e nel buio piu' totale cercare orientamento e segno di vita, fuga da presente, manifestazione d'introvabile gioia.
Sono pagina bianca, immacolato niente che niente raccoglie, nulla descrive, superficie troppo, troppo liscia, impossibile lasciare segno, impossibile interpretare abbagliante candore, alone di cio' che deve ancora essere, che potrebbe non avverarsi, che sara' diverso, comunque, sempre.
Cerco parole inascoltate, incomprese ed incomprensibili perche' in esse e' nuovo linguaggio, inedita grammatica, caratteri come ideogrammi antichi, civilta' genitrice di ere in cui umanita' fu sogno e fantasia, filosofia che mal si adatta a tempi illuminati e illuminanti come gli oggi costruiti su echi e scheletri virulenti, gusci d'inutili concetti, polverosa intelligenza.
Cerco citta' deserte, vuote lande di sterpi e cemento accatastato in cio' che fu forse arte, a volte bisogno, altre profitto, luoghi di cui diffidare in quanto fragili, tenacemente propensi a desolante abbandono, possibile gioia, sovente rovina, lungo silenzio da non cercare, da non aspettarsi nel buio sempre piu' profondo della ragione.
Desidero cio' che dimentico di avere, riflessioni presto lasciate scivolare nell'assoluto ma se traccia resta tra giorno e oblio sia immersione amniotica e genitrice di nuovo pensiero foriero d'alternativa visione, chiara missione.
Desidero schiavitu' d'irriconosciuta passione, elitaria prigione a ingabbiare mai compreso universo di forza e debolezza, esclusione immotivata forse ma so che questa vita rimane comunque mia e se una e non un milione, cio' mi basta.
Take your time and you'll be fine
and say a prayer for people there who live on the floor.
And if you see what's meant to be,
don't name the day or try to say it happened before

martedì, luglio 22, 2008

Sbavatura

Ho gia' scritto di ghiaccio persistente su vetri, come impossibile sia scioglierlo, persino toccarlo.
Osservare, osservare con ossequioso silenzio, mistica concentrazione, evocante mistero, generosa dotazione d'inesauribile natura capace d'intrecciare mondi lontanissimi, livelli d'energia con emozioni, impossibili calcoli di operatori tutti da inventare invero funzionanti e ottimizzate nel descrivere, tracciare contorni con linee marcate ed inequivocabilmente perfette in sintesi ed efficacia.
Ho gia' ascoltato canzoni che sono inni, differente strato d'esistenza, angolare prospettiva di medesima visione, occhi per ciechi, orecchie per sordi, sospiro di chi non possiede altro se non quel ghiaccio per difendersi dal vero freddo, dall'inesauribile notte senza luna e vento, rami come scheletro al corpo della follia, agitati e nervosi perche' anche orrore ha carne che trema, mostri che mordono, silenzi che atterriscono, strato su strato d'atavica paura, infiniti livelli ed ecco matamatica multidimensionalita' a uscire e urlare che uomo e' calcolo, risultato e addendo, subtotale sempre nel centro d'elaborata operazione, completo solo in interminabile somma e per questo intimamente incompleto, inevitabilmente insoddisfatto e comunque solo nella consapevolezza di gelo e notte, ricerca con sapore di sconfitta e desolato cammino, gambe sopra poca e fragile terra quando conoscere e' restringere percorso su infinita striscia di sapere.
Ho freddo ma son riparato, morbido panno di brina e placido gocciolare di ninnananna stagliata come nuvola nel silenzio, ho voglia di fuggire ma tutto esiste e coesiste e inamovibile persiste a farsi toccare, a urlare di fortezze e tempi antichi, di morte e sortilegi, benigno fato e ringraziamento dovuto.
Forse, si forse perche' mare resiste a ghiaccio, mare e' acqua che ha osato evolversi e se salvezza e' fluido resistere, posso essere, posso confondermi in confusione che e' salvezza, in caos ordinato, in voglia come potere.
Read while the letters still remain
Sip from the wine of youth again
Oaths made in silence still return
Only for you

lunedì, luglio 14, 2008

Naviglio nel centro dell'estate

In qualche modo credo di aver compreso o forse sono in procinto di riuscirci, magari invento comoda verita' o disvelo banale realta', apro gli occhi per la prima volta o giro il capo nella giusta direzione.
Divertente e ironico percorso, variegato ed imprevedibile trascorso e ancora una volta fantasia gareggia con goliardico fato disvelando circonvoluzioni e planimetrie impensabili, stanze di folle abitazione nella quale comunque e' facile orientarsi invertendo stellari riferimenti, sovrapponendo fantasia a ragione, sovvertendo logiche precostituite, forse da sempre esistenti, forse da poco evidenti, quando impossibile era prevedere, indirizzare.
Ecco, fermare l'istante al giro di boa, sfere senza imperfezioni e riferimenti dalle opposte direzioni provenienti e non si puo' dire, non si puo' indovinare, neppure scommettere, solo interpolare frammenti di passato con tendenze al futuro e poi stare a guardare con umilta' e pazienza.
Concorrere per la terra, concorrere per l'aria, spinti dal fuoco, rinfrescati dall'acqua ma cosa sono terra e aria se non diverse cardinalita' di cosmo tutto da decifrare ed e' questione d'istante smarrire orientamento e confondere partenza con destinazione, volo con volonta', spinta inerziale inebriante a sostegno di ruoli definiti eppure erroneamente interpretati se infine invertiti nella sostanza e nell'obiettivo.
E cosi' eccomi ad ascoltare fisarmoniche francesi, vedo strutture architettoniche collocate tra le piu' informali delle arti e parole che non hanno dimora oltre cio' che da qualche parte sento di dover costruire e altrove, in opposta direzione, calici scintillanti, tecnologia di lusso, spreco ed abbondanza, calcolata esistenza in nuova logica, nuova direttiva, algida voce in nebbioso tempio, luogo che un po' mi pento di non aver debitamente conosciuto, esplorato, tempo perduto forse ma le menti distrutte errano nei fatti e nei luoghi.
Ora che ogni cosa e' girata, mentre si invertono speranze e desideri, un po' vorrei conoscere quei posti purtroppo evitati, quei volti spocchiosamente temuti ed osservando cio' che non sono, infin capire quel che mi ero illuso di essere, felice di essere altra cosa, due riflessi per unica appartenza ed almeno in questo cio' che vidi fu giusto.
La separazione puo' essere...
...una cosa spaventosa...

venerdì, luglio 11, 2008

Onirico rituale

Allungo le braccia, occhi serrati e afferro qualcosa, io lontano, il resto vicino, inspiegabile distanza e il metro che conto trascorso e' continente sulla strada, oltre ogni collina che stancamente ho attraversato.
Rovesciato mondo, piccolo e divertente cumulo di sentieri e case, coacervo d'inutili sorprese dove essenziale e' aria viziata mentre concetti palesemente alieni muovono idee ed emozionano, tardiva scoperta forse, giusta eta' per comprendere, anni in cui l'inutile puo' persino trovare spazio e considerazione.
Fuori fase e fuori tempo esploro dorati pertugi, passaggi polverosi da stupide epoche abbandonati e solo ora percorribili nel silenzio di gente distratta da scaffali e colori, bandiera in mano a pulir coscienza, innalzati da sempre meno a dir cosa e' giusto e saggio, antitesi paritetica a tesi quando contrapposizione si sostituisce a pensiero realmente libero e tra queste rovine imparo l'arte di chi le ha rese tali e specchiandomi fronteggio nemico gia' sconfitto, raccolgo armi abbandonate e mie, mie ora, intono nuove strofe, nuove linee da recitare a chi non ascolta, a chi non comprende, a chi potrebbe ricoprirsi d'emozioni ma giace a brandelli tra ingranaggi preziosi e privilegiati.
Traccio cerchio e asintotica linea, poi un'altra ed infinite ancora, qualcosa si materializza e narra vicende in lingua sconosciuta che non comprendo ma so essere importante e il nero e il bianco e millimetrici spessori su rugosa carta dicono che separazione puo' dipendere da metodo e non idea, dal fondo a domandarsi se pensiero e' piu' forte di libri che non ho letto, di insegnamenti che ho rifiutato, di oggetti ritenuti forma senza concetto, di visione forse giusta, forse incompleta, certo da verificare, da sentire e fare propria.
Il resto, il resto solo retorica e spazzatura, parole di chi non sa agire e non vuole uscire da ordinari schemi, coraggio di cambiare lingua, di osservare gli astri dall'alto, di mettersi nell'esatto centro dell'esistere.
And the love that I feel is so far away
I'm a bad dream that I just had today
And you shake your head
And say that it's a shame

mercoledì, luglio 09, 2008

Aureo evento

Mi sono sforzato di far uscire tempo dai miei occhi, dai ricordi e dai pensieri mentre sfioro argento caldo, seta impalpabile, gesto che non m'e' consono eppure stavolta naturale, voluto, forse desiderato per tanto tempo, spostamento laterale di umanita' perduta, illusoriamente ritrovata qualche volta, episodi che non smentiscono ma confermano, racconti di assensi e dinieghi, scelte come porte sigillate alle proprie spalle.
Non penso, no non penso all'unicita' come evento, ricordo statico senza ripetizione o rimedio, forse un po' di nostalgia in un'ora infinita, imperitura sezione di giorno cristallizzata nel difficile riconoscere scheggia d'eterno ritorno.
Immobile e freddo declinando palesi ma gentili menzogne alle quali credo senza alcuna riserva e non e' altro che ingannevole tela nella quale felicemente desidero rimanere intrappolato perche' se verita' e' vita, talvolta bugia e' illusione che impregna speranze d'irrealizzabile futuro vivo quanto basta per sorriso, per dolce carezza.
Certi racconti fanno male, altri scatenano curiosita', taluni confondono ricordi rendendoli piu' vivi che mai e nelle vene scorre finalmente sangue che non imbratta e brucia, nella carne sento dignita' e forza, volonta' e potere d'infinite generazioni con ricordi ed esperienze improvvisamente mie.
Io sono il primo, io sono l'ultimo e ora non vorrei fosse cosi', ma scelte proprie non fanno male, non troppo a chi ascolta oltre i gradini dell'incessante scala sulla quale seppur immobili si viene trascinati nostro malgrado, impercettibile spostamento ma innegabile, sorprendente magari ma indiscutibile e alla fine, oltre quel velo c'e' mistero che inghiotte, baratro di luce di giorno in giorno piu' vicino, voce leggera sempre piu' grave fino a quando bassi profondi impediranno sonno e movimenti, forse pensieri, essenza stessa di cosciente definizione d'Io leggero e inconsapevole quando ringraziamento resta sospeso in aria, se ogni frase significa grazie, mentre mistero della vita e' cortocircuito di sguardi.
Did you see the frightened ones?
Did you hear the falling bombs?
Did you ever wonder why we had to run for shelter when the
promise of a brave new world unfurled beneath a clear blue sky?

martedì, luglio 08, 2008

Giallo racconto

Entusiasmo di altre giornate altrettanto roventi, peregrinazioni dal sapore mistico e ricerca come gioco, scoperta come droga, espansione, espansione, crescita d'infiniti fattori, copioso sudore come battesimo, come sacrificio di rito antico mentre i miei colori si confondono con incisioni cinematografiche solo oggi inutili e dimenticate.
Movimento secco di polso e dita, sguardo troppo svelto per quanto si sia veloci ed ogni scatto e' pezzo di speranza che muore, e' pezzo di speranza che vive, osservare e conciliare sfrenati sogni con piacevole realta', creare leggende, irripetibili momenti e tensione nervosa amplifica, esalta, sospinge di metro in metro l'ansia di vivere e sentire quando aveva senso confondere, mescolare, sovrapporre.
Grandi sporte quadrate, lunghi passi veloci alla ricerca di un minuto o per sempre ma merce rara e' l'eternita' se non la si sa cercare, se non si sa scegliere, se non si sa ascoltare e quanto poco importa il tempo passato se gli automatismi restano gli stessi, se dolcezza del gesto passa da necessita' a dolce possessione, se toccare e' sporcare e sfiorare e' dono disinteressato, semplice stato delle cose, delicato dovere capace di essere simbolo, grande ed innocua ossessione, vitale speranza.
Perche' quindi sentirsi liberi passeggiando in remoti giardini, forse paradiso perduto, forse eden oramai immeritato, forse e' pura e semplice verita' cosi' pura e cosi' semplice d'apparire irreale ed irraggiungibile come appartenesse ad altrui universo, racconto tramandato per dormire sereni, per pensare al domani, per ovattare il frastuono, per allontanare avvicinandosi passo dopo passo a un bisogno irrealizzato eppure mai assopito.
Almeno qualcosa resta ed e' consapevolezza di speranza e volonta', meraviglia moderatamente riproducibile ma e' quanto basta, e' tutto cio' che occorre, leggero ossigeno di vita composto, di un domani nutrito qualunque esso sia, qualunque sia la forza di questa luce, brillare di lacrima che e' speranza.
No reply
I'm trying hard to somehow frame a reply
Pictures, I've got pictures, and I run them in my head
When I can't sleep at night
Looking out at the white world and the moon

giovedì, luglio 03, 2008

Terzo movimento

Ci penso, provo ad immaginare la mia casa, casa che non trovo, casa smarrita nell'incessante destra, sinistra, alto, basso, molto fuori, poco dentro, desiderio altrove, mistero in luoghi noti, sospiro di dea d'ignoto nome e all'interno di strana sinfonia vago in chiarore indefinito senza che alcuna chiara visione m'innalzi oltre fugace momento, inespressa inerzia, lontano abbandono, dimenticato trasporto.
Penso sia casa tra miriade di note che insistono a uscirmi tra le dita come lingua arcana di cui non conosco significato ma la cui fonetica e' mantra nella memoria, e' azione nel braccio, e' acciaio nei pensieri, origine, origine, origine, mani indipendenti da schemi e soluzioni perche' problema da risolvere e' alieno concetto laddove ogni accordo fu deciso alla prima esplosione di stelle, all'alba del creato quando l'urlo del''uomo era ghiaccio di meteora.
Se pensare casa fosse edificare su sabbia mentre cielo abbaglia d'azzurro allora gabbiano sarebbe sillaba di meravigliosa parola, bianca esplosione in confuso orizzonte ma chiarissima voglia di sabbia fine e dolci schiumose onde a divorare costa e pensieri nella contemplazione di luogo finalmente sicuro, infine desiderato, sogno come silenzio nell'orrore di arida pianura meccanica.
Chi nella scossa della notte si ferma a fruscio invitante di lenzuola puo' sentire casa e cercare liscia superficie e' vano trastullo nell'incubo d'imperfetta solitudine, nel volo soave eppur pindarico sulla linea retta comunicante l'ultimo dei sogni col primo vagito di nuova vita seppur lontana da qui, lontana da tutto, lontana da un soffitto che dita non sanno piu' sfiorare, non possono piu' raggiungere, simbolo di crescita divenuto invecchiare.
E' bene uscire ora perche' non c'e' muro che non delimiti, non c'e' prospetto che non caratterizzi e inevitabilmente intrappoli e se protezione e' prigione potrebbe essere casa cio' che stringe senza soffocare, carezza che non pretende, rumore che non allarmi, parola sussurrata eppur nitidamente comprensibile.
I saw him in an airport, while he was sitting on a wing.
And I waved to him, but I don't think he noticed me.
I've got a funny feeling I know who he is.

lunedì, giugno 30, 2008

Fuoco in dono

Atavico sangue si sveglia improvvisamente ed e' ritorno di cellule dormienti, flusso impetuoso di ricordi e passate energie quando essere dei era facile come costruire mondi e universi.
Spazio, spazio di citta' solo immaginata, pareti spoglie e luce abbagliante da finestroni affogati nel sole.
Musica come assoluto, musica come se non esistesse altro, musica che amplifica sensi uccidendoli, esplosione, implosione, collasso ed espansione perche' magici momenti mutano volonta' in carne, ossa, sangue e sudore quando vecchio corpo muore poi purtroppo rinascere, sfumando assoluto tocco del divenire in cio' che si e', quando sfiora realta' di miseria umana solo immaginata, tragedia istillata da uomini malvagi e divinita' invidiose.
Piedi battono a terra, veloci, veloci, ancora piu' veloci, rotazione e ripartenza, raggi luminosi piegati attorno capo frenetico e improvvisamente confondere ritmo con bagliore accecante e niente piu' esiste, nulla puo' far male, nulla puo' ferire, domande inutili, risposte superflue, solo silenti affermazioni perche' suono e' limite, onda lenta contro nero infinito e profondo mentre movimento impera, spostamento come soffio cosmico, elettromagnetica emissione che non trova ostacoli e confini nell'infinito cerchio del tempo.
Cuore che esplode e' dentro te e nessun altro, piombo fuso nelle vene e' grande esaltazione racchiusa in guscio di paura, emozione non trasmissibile, onnipotente senso di cammino su sottilissimo filo perche' vivere e' rischio proprio, sconfitta cocente o inestimabile premio, fuoco che ghiaccia bruciando immobile istante, frattura tra realta' e cielo, manifesta fragile immensita' di desiderio finalmente espresso quando gioco si confonde con missione e volonta'.
Poi cerchio infine si chiude, nel profondo cala buio e stanchezza su impolverato cemento e infinitesimo cambia di volta in volta ma in fondo vincere e' piccolo nuovo passo se il mondo si misura a respiri.
You work all your life for that moment in time, it could come or pass you by
It's a push of the world, but there's always a chance
If the hunger stays the night

lunedì, giugno 23, 2008

Esposizione Universale

Il materiale e' mezzo, veicolo e tramite, lasciarsi soggiogare e' obbligo, dondolarsi tra interrogativi e certezze piacevole svago, mutevole stupore dall'alto e incisivo profilo, come scatola giochi rovesciata su freddo pavimento, terra d'esplorazione e scoperta.
Fantasmi d'altrettanto concreta materia aleggiano innanzi ai miei occhi e sono sempre sul punto di cogliere qualcosa che non mi pare conoscere eppure sento familiare, pezzo importante di me, una tra innumerevoli formule ma angolare pietra, sostegno, impalcatura d'infinite considerazioni, incalcolabili ricerche, sublimi scoperte.
Mistero, v'e' mistero che si manifesta nello zampillare imperioso d'acqua lucente, nelle prospettiche colonne evocatrici d'eterne grandezze, di finestre affacciate su glorioso eventuale futuro irrealizzato eppur radioso.
Sento l'ombra d'esistenza passata o forse dimenticata, innesto di memoria e pura gioia di ritrovato tesoro, origine, si origine e commovente constatare che fiume possente sorge da poche cristalline gocce, materia composta da roccia e nuvola, miracolo indiscutibile, noto eppure inspiegabile nell'intrinseca bellezza della semplicita' del creato.
Io sono fantasma, io sono ombra, testimone di me stesso o quantomeno d'eventuale ricordo, suggerimento raccolto quasi per caso ma coltivato con amore e dedizione, passione sincera e certamente riposta da troppo tempo in luogo polveroso ed accantonata come dispensabile delizia, cosi' silente e delicata.
Entusiasmante nulla materico come sinfonia per stanca eppure ancor avida vista, nervosi occhi danzanti tra semplicissime forme mentre in esse scivola racchiuso tempo intero, retta forse area, volume multidimensionale, eternita' collante d'estremi lontanissimi mentre corsa in imprecisato punto pare senza soluzione ma non importa quando si e' fantasma, quando si e' ombra, quando esistere e' giustificato da unico raggio immenso ed intenso perche' unico, perche' mio.

sabato, giugno 21, 2008

Tutto cio' che sta fuori

Inaspettato, inaspettato risvolto di qualcosa che qui e' difficile trovare, individuare, concepire, ascoltare, sentire forse, almeno un poco.
E' come vedere attraverso vetri traslucidi, superfici meravigliose, in qualche modo deformanti, realta' non esattamente uguale a quanto si percepisce oltre la trasparente separazione ed e' visione e visuale alternativa, filtro che manifesta e rivela, dettagli svelati con metro sconosciuto perche' nell'incertezza tutto e' sfumato, i pensieri si riempiono di somme approssimate, giusti ordini di grandezza ma impossibili sicurezze.
Un po' e' brivido, un po' e' mistero da non svelare, attesa di tramonto che allunghi ombre, entita' che scivolano dalla luce come creature da grotte antiche e lentamente le ore del giorno perdono consistenza, rinunciano a senso compiuto per fondersi e mescolarsi col giorno precendente perche' e' sempre cio' che si cela a destare interesse, a rimanere scolpito nella memoria.
Talvolta cio' che sarebbe potuto essere sveglia qualcosa d'assopito in noi e se realta' ha peso di foglia sospinta dal vento, l'eventuale e' macigno la cui corda stringe ed attanaglia, vincolo e stazione alla quale donare pegno e soffermarsi per riflettere, canzone sorprendentemente attuale eppure conosciuta in ogni singolo accordo, note strappate dall'oblio dell'anima e rinvigorite dal fulgore delle quotidiane miserie.
Stesse domande in fondo, stessi passi su consunto pavimento, stessa illusione che come fondamenta, cio' che poteva essere e' prima pietra, molto piu' di simbolo, molto piu' di supposizione, parallela vita, compenetrante realta', virtuale eppure non di sogno, irriconoscibile volto cosparso d'ali strappate, cieli troppo grigi, sassofoni penetranti come spade nel centro esatto del petto, consapevolezza e destino d'essere stato quindi ora esistere.
Sometimes I get the feeling she's watching over me.
And other times I feel like I should go.
And through it all, the rise and fall, the bodies in the streets.
And when you're gone we want you all to know.

lunedì, giugno 16, 2008

Lunghi lati del recinto

Gioco di sguardi, scambio di posizioni, attrito nullo e scivolare e' un po' volare in cieli terreni, persino sotterranei, malcelati sentieri, inespressi percorsi come se liberta' fosse reale, come se liberta' non chiamasse nome di ennesima gabbia, funzionale via di fuga e non parola grande, piena, opulenta, enfatica.
Ho visto il cristallo impuro e attraverso esso il sole di secoli trascorsi con indicibile flemma, ho visto cemento e acciaio e in loro sono fuggito, come in grembo rifugiato, seduto ho ascoltato il boato della folla perdutamente lontana e se e' vero che poco e' infinito oltre nessuno, allora ho parlato con passi raccolti ed ovattati, ho ascoltato i limpidi pensieri dell'individuo esentato dal dovere di massa, di strato, di struttura e materia e li' mi sono dissetato e ricomposto.
Celeste e' forse colore del piede che pare non toccare mai terreno nell'infinito approssimarsi del tempo allo zero, nero pensiero di gloria e onore, esaltazione del passato nell'interminabile ed eterna gloria futura, rosso il suprematismo dell'estetica superata e capovolta, malcelato tentativo eppur riuscito di mimetizzazione ed invisibile presenza, verde l'eco delle parole dette piano, rimbalzo verso stella piu' lontana del creato, sillabe solo da Dio testimoniate perche' e' in cio' che non si ode la prova dell'uomo supremo, del figlio pari al padre, dell'istante istantaneo quando viaggio e' non muoversi affatto in un cosmo minuscolo racchiuso nel piu' profondo dei propri atomi.
Espansione, contrazione, battito che e' onda sinusoidale, gamma di frequenze continue senza intervalli, senza campioni, quantificazione infinita eppure discreta quando scala di misurazione trascende numeri e formule e intimamente riconosco ragione nell'aver torto, idea imperfetta eppure funzionale d'algebra che fa di conto senza spiegare alcunche', inutile cerchio anteposto a porta aperta e oltre la somma di ogni era e umana volonta' che osservo ed ammiro, indifferente all'assoluta verita', in un istante perfetto ancora una volta perduto eppure per sempre mio e solo mio.
Il riverbero dona al brano una qualita' eterea quasi inquietante che slitta lentamente nel tempo mentre i piani si sovrappongono, si intrecciano, si fondono e si reiterano contrapponendosi.

mercoledì, giugno 11, 2008

Dissolvenza

Attesa, volonta' laterale, soffio e turbamento d'ignota sostanza, di angosciosa presenza.
Desiderio e orrore come se si potesse decidere di ogni istante, di ogni istanza, del proprio destino nell'io mondo, io cosmo, io tempo e universale tutto, giovane illusione, sempre meno illusione, sempre meno giovane eppure sindrome che non lascia spazio all'idiozia della consapevolezza, al cerchio apparentemente spezzato quando e' rifiuto di realta', occhi chiusi sul baratro inevitabile, sul palpito inenarrabile, sterzata brusca e strapiombo ma non ora, non domani, non nell'infinito oltre, polla primordiale nela quale richiudersi e piegarsi.
Il sonno arriva a passi veloci, forse e' fuga, piccolo arrendersi, anfratto scavato nell'alba del tempo, ere lontane di memoria perduta nella luce dimenticata delle stelle quando paradiso era uscire da un'onda di orrenda esistenza nell'assenza di coscienza, nel preludio d'oblio, nell'assaggio di dolce morte, d'ambita morte.
Come camminare in nuovo territorio avvolto di oro e stracci, stanze riciclate dal giorno percorse da flaccidi muscoli, ginocchia a terra strisciando senza umiliazione ne' costrizione, doveroso obbligo verso troppo umana umanita', ulteriore ostacolo a mutazione alla quale posso solo porgere benevolo sorriso.
A volte merito il silenzio della notte, in certi casi i tempi devono essere pari e leggeri, connubio e fusione con colline, case antiche, forti piccoli animali, lontani riverberi che avvicinano quieta essenza di un allora che posso vivere senza ricordare e come un tempo inafferabili raggi di luce riempiono vuoto di ore insonni, gioco per non aver paura, per carezza che non c'era, per convincersi che comunque ogni cosa sarebbe andata bene, per sempre bene.
In certi casi riesco a non guardare troppo dentro l'abisso e di bianca parete riempio pensiero nervoso, fermo il nervo di braccio che brandeggia nella calda aria perche' se silenzio e' conquista, assenza e' merito.
The mountain cuts off the town from view,
Like a cancer growth is removed by skill.
Let it be revealed.
A waterfall, his madrigal.
An inland sea, his symphony.

lunedì, giugno 09, 2008

Modello delle cose

C'era gelida steppa, ghiaccio e vento d'atavico terrore, c'era umanita' sconosciuta, solo narrata, solo inventata, solo immaginata e non ricordo bene, ombre, sfumature, parole, tante parole alle quali ho innocentemente creduto.
Ci sara' mare, plastico ed illusorio oppure carnoso e volgare ma sara' mare che si riflette nel sole, che inneggia luna sempre piena, balconi odorosi e voglia d'uscire, tempo da sezionare e magnetica convergenza su panchina rovente, sempre quella, solita e speciale, cene rimandate di minuto in minuto, passi lenti in apparenza casuali, invisibili linee, mura pesanti schiacciano e intrappolano ma porta rimane aperta, varco su nuovo domani, rinnovato giorno.
C'era una storia fatta di giornali inconsapevoli e qualcosa che colpiva cosmico senso bambino, girandola incontrollata ed incontrollabile d'emozioni innate eppure aliene, ingestibili in cio' che solo appariva eppure fu segno di distinzione, fiume che di poco imparai a controllare, seppellire in maleodorante cinismo, terra maledetta che irrimediabilmente copre e nulla fuoriesce oltre a ritagli dispersi, perdute pagine di diario, nome come mantra, come voglia di crescere, come desiderio di conoscere, di capire, domande, domande ed inette risposte, incomprensibile indifferenza alla quale non mi sono abituato, magari compreso ma non accettato.
Ci sara' in futura certezza, paradigma tra bisogni, archetipo dissepolto in remoti viaggi, alberi sempre contro sole, sempre contro vento, salsedine di muta trasformazione, mutazione, mani invisibili che formano e disegnano su foglio celato alla vista ma non al cuore, non al fuoco di tramonto, filo come ferrea barriera tra cio' che dovrebbe e costo di ripartire, di tornare a sentire un'onda nel cuore, brivido sotteso tra ossa e pelle.
Gelo e sale, estremi di vita, coraggio di sogno, impossibile coniugazione in luogo ancora tutto da definire, confessione e sospiro, passata liberazione ancora da inventare, ancora da espiare.
Right up here I'm far away from everything
Right up here there's nothing that can touch me now
The only thing that stabs my back is spiky grass
The only thing that makes me fall is liberty

martedì, giugno 03, 2008

Balconi e luci veloci

Viaggi, viaggi da segnare in un pensiero, lontani una distrazione, gialla fluorescente materia e tutto e' un attimo, ogni segno una strada da percorrere, un mattone da osservare, lauta ricompensa per sfatare illusione d'onnipotenza, d'autosufficienza, di fine imminente che imminente non e' se non si vogliono sentire sussurri e grida, antica polvere depositarsi ai piedi del nulla, del ghiaccio, del rombo di tuono sempre piu' distante.
Lama sottile, desiderio che prende forma nell'antico bisogno di via di fuga ed e' ancora tramonto vicino visto da fresco e protetto luogo sazio e lussuoso ma qualcosa rimane, scia impregnata di passato e bisogni, parvenza di realizzazione, sistematica e periodica ricorrenza che dovrei abituarmi a pensare in statica esigenza.
Fuga, percorso prestabilito, confusione mescolata nel tempo, nei bisogni che non esistono, che non piacciono, che non servono mai del tutto, mai abbastanza, non cosi' in fretta, non nelle giuste dosi e quantita' e lo sguardo si fa confuso, glaciale e mascherato, protezione, protezione dall'emozione diversa, residuo di luogo e tempo sconfitto ma non nella memoria, non nell'orizzonte che ancora ne conserva forza e vigore.
Notte, notte profonda e umida e via, via dalla pioggia verso un sole che non voglio sino in fondo, che a volte pare alieno e perduto, rumoroso quanto basta per trascinare quel pezzo di destino mancante nel vortice di emozione mai eccessivamente intensa o forse al contrario troppo suadente ed invitante per rimanere fermi a fissare, immobili e inutili perche' a volte basta un lampo di luce e tutto quel buio diviene teatro e cio' che contiene raro gioiello sospeso da chissa' quale forza, mano divina, volonta' atavica e potente, immortale.
E' che non rincorrere le luci del banale stanca, giudicare ancora di piu', esserlo sempre meno e malgrado vi siano voci amiche e solidali, qualcosa appare confuso e sbagliato, inutilmente asettico, incompleto e se lastricare la propria strada di sogni e' inizio, fine puo' comunque sorprendere, sbalordire, atterrire.
Louder and louder
Till I could tell the sound was not within my ears
You should have seen me
You would have seen my eyes grow white and cold with fear

giovedì, maggio 22, 2008

Distopia

Forse non sono cresciuto perche' il rock mi ha intrappolato in pantaloncini corti, giacchetta blu e cravatta a righe, urlo onnidirezionale sulla frequenza di mettalica corda, di rullante percosso, pop sigillato in stanza con ogni comfort e nuova occasione per nuova lacrima, ancora ricordi, millesimato distillato di passione e proibiti momenti di gioia indefinibile se non nella sua grandezza, presunta o reale che sia, jazz penombra e comodo divano, giallo mondo oltre quei vetri mai abbastanza spessi, spifferi d'esistenza, soffio che e' scambio, segnale di vita che non potrebbe mai essere.
Forse non sono cresciuto perche' ci sono parole, tante, infinite, graffi su bianca anima, graffiti di umana conoscenza appartenuta a giganti o pigmei, immobili segni coi quali ho volato, volato in ambra fluorescente laddove infinito e' particella di altro infinito, ho contato realta' disponibili e in salita asfaltata ho vissuto, desiderato ed esausto sono giunto laddove il creato e' bambino silenzioso, vita sillaba di frase semplicissima, luce ed Eden e piu' lontano mi sono spinto, piu' vicino ho osservato le mie mani e in esse verita' ridicolmente semplice da cogliere e comprendere.
Forse non sono cresciuto perche' le immagini sanno muoversi, spostarsi in luoghi diversissimi e terribilmente meravigliosi e da esse ho compreso che l'esistenza non e' flusso continuo di corpi in movimento ma istantanee in sequenza delle quali infinite inutili ma per poche eppur vitali vale la pena di piangere, ridere, semplicemente esistere, girare con lo sguardo un angolo in piu', soffermarsi su minuscole pietre perche' d'esse son edificate montagne e pianure e se colori sono gioco dell'anima, in quei colori si cela l'umanita' bramata e perduta.
Forse non sono cresciuto perche' ogni elettrone e' sole che bolle sangue, parsec a miliardi nel gioco di astrazione, cosmica energia per formulare logico pensiero, innovativa concezione per spingersi oltre, sfida su sfida su sfida e non finisce perche' non deve finire, perche' altrimenti e' noia, altrimenti e' sconfitta, altrimenti e' morte quando ancora so sorprendermi e come bambino la stanza e' astronave, tasti come pulsanti per spazzare innanzi pericoli e dolore e solitudine e voglia di sapere, di conoscere, di non avere piu' dubbi, domande, oscuri angoli da illuminare e non piu' temere, mai piu' aver paura.
Forse non sono cresciuto perche' rimango su strada diversa ma maestra, impossibile possibile e non sapere piu' cosa conta e' forza, salvezza, strano galleggiare a volte elevarsi altre affondare, qualche altra volare, alcune notti nere, altre tetre, giorni fatti di domani e ieri, poco presente, troppa attenzione e se ho fatto di vizio virtu' allora sono colpevole di non aver detto basta, di non aver desiderato sino a perdermi, di aver pagato ogni songola goccia di sangue che ho fatto versare, sono colpevole di aver rinunciato alla terra per nuvola bellissima e trasparente, sono colpevole di aver giocato tutto alla prima mano vincendo la possibilita' di tentare ancora e null'altro, colpevole di non essere cresciuto e per questo crescere e' ancora alternativa, scommessa aperta per qualcosa per cui crescere so non essere tutto, per cui crescere e' ancora possibile.
For what is a man? What has he got?
If not himself - Then he has naught.
To say the things he truly feels
And not the words of one who kneels.
The record shows I took the blows
And did it my way.