giovedì, gennaio 10, 2008

Pezzi di laggiu'

Scrivere, esserci, dov'e' la relazione, quale similitudine, attinenze e specchiate virtu', speculazione forse o solo volonta' di riempire un vuoto con insensata conquista.
Un nome e' una parola, evocatrice ed illuminante, scorciatoia a volte, promemoria altre ma dietro si cela un solo e concreto ed ampio e conclusivo gesto che riporta a quanto gia' inciso, che sia macchia o parola, senso compiuto o vaneggiamento di folle solitudine.
Ebbene esistere non basta se nessuno pronuncia il tuo nome e come albero inascoltato nella foresta, e' possibile ambire a uno schianto talmente forte da risvegliare chi o cosa, un cenno, uno sbadiglio, chissa' un nuovo giro di ruota.
Lettere, segni affiancati come scandaglio di tempo, traccia, impronta di corpo che ha egli si' storia, massa, consistenza e realta', presenza presente non ombra di cio' che e' passato e stato.
Ecco, questa e' la visione di parole se ci fosse abbastanza mare, sufficiente sabbia impregnata di movimento, vita non che fu ma dinamico ed illuminante scintillio come di antico e fantastico sogno, sospensione di credo troppo materiale, eccessivamente pesante, astratto artifizio ancorato alla pomposita' del luogo comune, dell'algebra di un'epoca che sempre meno mi appartiene.
Potrebbe, solo potrebbe senza essere ma esiste almeno un pensiero che lascia impronte dentro me, irriconoscibili rune di lupo alato, mito scordato di terre stanche d'essere esplorate, ma per chi ha lasciato stupido branco bighellonare laggiu', sempre sotto vista ma lontano dal vento, allora vecchio si confonde con nuovo, fischio flautata nota e ogni notte puo' essere nuova notte, proporzioni riacquisite, ricontestualizzate e se e' vero che una stella e' un sole, che il buio m'illumini, mi scaldi, mi rigeneri.
Help yourself
But tell me the words
Before you fade away
You reveal all the secrets
To remember the end
And escape someday

mercoledì, gennaio 09, 2008

Attorno al mondo

Senza occorgemene fu luce che ora confondo tra tramonto ed alba ma a quel tempo no, sapevo esattamente dove fossi malgrado non avessi la minima idea del perche'.
Mi alzai ipnotizzato e furono passi dolorosi di gambe immobili da secoli, la stanza che si allontanava, pavimento di marmo tenero e cedevole, movimenti di gigante in piccola pianura o viceversa, la sensazione e' la stessa.
Guardai fuori l'immensa finestra rotonda, cerchio verde e perfetto, tondo da confondere e non capire bene se cio' che stava innanzi a me era l'intero mondo o solo parte rappresentativa, forse specchio di qualcosa che a stento confinavo come reietto scarto d'esistenza.
Fu incanto, fu stupore, fu bianco talmente puro da ridefinire concetto d'energia, porta spalancata su livelli d'esistenza non altrimenti concepibili ed ipotizzabili.
Aria come emergere da fossa oceanica, respiro che dai polmoni consumava infiammando atmosfera rovente, pelle sudata, incastrato nell'infinita estate che pareva infinita eppure nemmeno iniziata.
Ebbene fu alba e non fu la mia, mi rammaricai di questo e cercai di fuggire o almeno un modo per farlo riuscendo soltanto ad abbassare il capo, rassegnato ma un'alba lo e' per tutti, lo e' a prescindere e cio' che cambio' fu il comprendere che esisteva un inizio da scovare, da respirare, un tempo in cui calore e' tepore e confusione solo desiderio inespresso, occasione da cogliere con gioia.
Nuovamente seduto vidi quelle immagini, curiosa ed insensata rotazione, ritmico incedere, elettronica sinfonia, assurda eppure viziosamente perfetta e tutto fu trasparente nel vedermi nero, bianco, argento, rosso e se ogni luce fu pensiero, tutti gli inutili passi brucianti lacrime, sfogo che sa di rinascita, nuovo inizio, violento prezzo, maledizione compiuta.
Era giunto un tempo che ancora non conoscevo, inconcepibile, terribile, disegno perverso, ironico nel suo manifestarsi in nuova rotazione e che cambiava mai, che serviva certo ma quello era il mio cerchio, la mia danza, libero nella mia trappola e se fu scelta li' germino', nella luce, nell'aria, nella finestra, nella musica, nella cosmogonia di cielo spezzato, di movimento esausto.

lunedì, gennaio 07, 2008

Nero su nero

Trovarsi un po' li', perduti ed inutili mentre tutt'attorno avvizzisce e scompare, non senza un lamento, un ultimo grido, latrato talvolta, sospiro altre.
Se dovessi pensare ad un suono sarebbe di cento corde battute con dolce maestria e tenera compassione in un sapore finalmente antico e non etnico, tradizione trasformata in memoria storica, forza d'imperante civilta' quando il tempo e' giudice unico ed incontestabile guardiano di verita'.
Anche silenzio se potesse suonerebbe medesime corde ma silenzio e' solo, silenzio e' sordo perche' nulla ha da ascoltare se non se' stesso e nella luce riflessa grida inascoltato, magari compiaciuto o forse disperato, smarrito nei ricordi, perso nelle occasioni, girandola di una discesa senza fine.
Mi domando cosa accade nel superare quella soglia dalla quale non si torna, fine di parabola alla quale nessun rimedio compensa ed aggiusta e non posso immaginare la sensazione del comprendere che gia' e' stato fatto, gia' e' accaduto, stupendamente inutile persino riflettere e cosi' patetico il perderci ulteriore tempo.
Volonta', la volonta' e' energia che non si esaurisce ma semplicemente si spegne con banale interruttore e non v'e' mai buio, solo orrenda penombra, fioco bagliore e tanto basta per arrendersi soffrendo, ultima visione di volto stanco ed inerme che nulla serve oltre terminale fiotto di odio ed oscuro risentimento.
Ha poi tanta importanza illuminarsi di luci che a loro volta si spegneranno nel fragore dell'assenza, memoria latitante, senso di corsa su breve, forse media distanza, neppure polvere nei millenni di millenni, nessun figlio degli eoni del cosmo tutto, cenere di stelle troppo distanti per essere pregate, venerate, seguite e in quel silenzio anch'esse mi seguono, mi avvolgono, mi proteggono.
Bitter words mean little to me
Autumn Winds will blow right through me
And someday in the mist of time
When they asked me if I knew you
I'd smile and say you were a friend of mine
And the sadness would be Lifted from my eyes

domenica, gennaio 06, 2008

Oro e desiderio

Il sole accecca e stordisce eppure e' insito naturale gesto, stato di cose e di fatto, situazione provvisoria ed e' lampo che colpisce, pugno di sordo dolore destinato pero' a sfumare ed acquietarsi quando stessa stella filtrata da pulviscolo e' caldo oceano di luce, onda che diviene marea, plasma di densa energia, incantevole ed incantatore, trasporto senza meta in deriva che diviene destinazione.
Affondare e non capire, immergersi e non vedere e c'e' illusione, abbandono, follia, senso di onnipotenza di chi nulla possiede e meno puo' perdere, niente lascia al calcolo ora servo del caso.
Staccare le mani, alleggerire la presa che nella morsa controlla e dirige ed incantato in quella luce vedo strada, percepisco cio' che cosi' grande puo' afferrarmi e condurmi e non v'e' alcuna resa se non nella consapevole e lucida illogicita' del sogno, qualunque sogno.
Se e' vero che esiste un libro sui giorni nostri passati e quelli a venire, milioni d'altri narrano cio' che non e' stato e cosa non sara', la fisica di una terra creata da uomini e non dei, sublime ed imperfetta, cronaca non destinata all'immortalita' eppure eterna nelle generazioni, nelle intenzioni, nelle speranze.
Puo' quindi la successione sempre piu' rapida degli eventi deviare senza rallentare, imboccare corsi che non siano ricorsi, fondamenta di rovente bagliore in terra della consistenza di giorni passati, cemento che vuole vestirsi di certezze quando volonta' e' acqua e speranza e' sabbia.
Ho visto eppure non basta, ho creduto di vedere e invero e' passo in avanti perche' cio' che e' permane statico nell'algida tridimensionalita' dei sensi ma se dominio dell'uomo e terra di lucido incanto coincidono, allora li' e' direzione, promessa forse non mantenuta ma meritata gioia, splendida alba, nuovo inizio.
I lift my eyes from watching you
to watch the star rise shine onto
your dreaming face and dreaming smile
you're dreaming worlds
for me