domenica, dicembre 20, 2009

Lasciate che sappiano

Le sedie suonavano, le gole cantavano, le mani si muovevano veloci non sapendo dove, non sapendo come, aria come oro, irrefrenabili ore, catodiche emozioni in un tempo infinito, in un bisogno di vivere incomprensibile eppure naturale.
Emozione stato naturale delle cose, esistenza tamburo nella savana piu' oscura ma e' esistere del momento, e' impossibilita' di futuro come sole che non sorge, e' liberarsi di passato scomodo che finalmente cessa di essere vincolo.
Rimpianto, non so, forse si, forse ritorno a domande che non hanno risposta, questioni sospese mai piu' esaudite, mai esaurite e c'e' sempre un maledetto qualcosa che racconta e ricorda e recrimina e non lascia soli neppure nello sguardo distolto, nel cielo troppo azzurro, nella rullante piu' forte del cuore, nel piede che colpisce sempre piu' forte, sempre piu' svelto ma quel muro non cade, la voglia di non esserci si fa suadente e si veste di festa.
Le sedie urlavano, le gole cantavano, qualcosa si ruppe ed e' breve strada da percorrersi con sguardo incerto, con petto tremante, freddo che non da' pace, speranza di un sorriso, con pelle e profumo misto rabbia, castello di lacrime e adrenalina, incomprensione e sere di auto e luci e ghiaccio e impronte e sorrisi e soffitti ciechi.
Dove sono stato, quali canzoni hanno preso il posto delle stelle, quale buio ha sopraffatto il buio, ha nascosto strada e direzione da seguire perche' arrivare non e' detto sia conclusione e conclusione puo' forse essere sbagliata ma irrequieta gonfiare fiato silenzioso e montare a tempesta, uragano, cataclisma di intero cosmo.
Qualcuno non c'e' piu', qualcuno resta nel proprio nulla, altri non s'arrendono a sconfitta risolta, ancora non sanno che guerra non e' avvenuta e non c'e' piu' bisogno di ridere e urlare.
Io posso solo salutare, riesco a guardare indietro e regalare tutto cio' che non ho piu' a chi poteva essere, a chi doveva nascere, a chi non doveva andarsene, a cio' che non doveva avvenire, al bisogno di continuare a scrivere per osannare l'oggi, inutile ma i debiti si pagano e almeno che possa pagarli per tutti.
Couldn't ask for more you said
Couldn't ever let it end
Take it all
Take it all
And strike me dead

sabato, ottobre 31, 2009

Che sara'

Un tempo i divani erano lisci e marroni, luci bianche e gialle, strane forme, normali forme dicevano, morbido camminare e non capivo l'orgoglio di caldo suolo che in fondo scaldavano giochi e poco altro.
Riconosco chiarore bianco e grigio, non c'e' stato un sole migliore in tutta la mia vita, rovente tra mani e affondare dolce, mondo dietro, protezione e unita' seppur qualcosa viscido strisciava, qualcosa non funzionava e mai ha funzionato se ben ci penso ma ora che importa in un sogno passato pieno di chiarori bianchi e grigi.
Ecco che immagini ruota e il suono, si il suono ruota con esse e quella danza prende anche me trascinandomi e gioendo mi stringe nell'unico abbraccio che mai ha avuto senso ricevere, che forte non ho dimenticato e negli anni ho seppellito sotto roccia e ghiaccio, celato nelle nebbie e nell'imbrunire di un sole sempre piu' pallido e morente.
Poi mescolo realta' e fantasia, turbino come girandola impazzita, incontrollabile, ingovernabile, ignorando nuvole e strapiombi tanto e' uguale, comunque e' precipitare in diverso orrendo spazio e cio' che resta e' rabbia fin troppo espressa, rancore tanto orrendo da esprimersi con silenzi e sorrisi, massima indifferenza di cuore pietrificato, cervello lontanissimo di un eventuale futuro che non puo' essere, che non vuole esistere ed indifferente vaga nella terra di probabilita' derise e gia' dimenticate, solo dedotte tra noia e stanchezza.
In fondo quelle luci ruotavano talmente veloci da non essere dimenticate, canzoni incastrate in inconscio tormentato da parole incomprese fino a nuove notti, stelle che solo ora scorgo, sempre meno conto, di soppiatto spio, in silenzio prego che portino lontano i ricordi, queste mani protese, dita nervose, carne stanca.
Autorizzo occhi a guardare altrove perche' si resta o si muore, letto immutato non ha gambe per accogliermi e sempre meno ad esso declino sorrisi perche' corsa e' gia' iniziata, fine preannunciata e se restasse infine una sola canzone allora sarei arrivato, sempre che sia mai partito.
Cambiare direzione
E farsi una ragione
Che quello che non sei
Non diventerai
Fine della storia
E se non hai memoria
Ora sai non mi troverai
Cambio direzione

sabato, ottobre 03, 2009

Diavoli e alieni

Quattro piccole ruote, latta o alluminio non so, poca energia quanto basta per essere lenti ma non immobili.
Corro, tanto non ho niente di meglio da fare, non ho voglia di ascoltare voci o vento, l'asfalto mormora e sussurra se pizzicato ma oggi tace e i kilometri non raccolgono, non concentrano, non compattano e perche' correre, perche' quindi non aprire un poco il cuore, sentire altri suoni, ascoltare altre luci affinche' frequenza divenga nota, accordo, sinfonia.
Rallento e l'egoismo si gonfia come petto d'aria inspirata, paradiso, paradiso, paradiso ecco io ti merito, quindi c'e' un cuore, forse sono buono, si sono buono, si sono buono, sono, forse ero, ora m'annullo e osservo.
Quattro piccole ruote, latta o alluminio non so, poca energia quanto basta per essere lenti ma non immobili e dietro, in mezzo una vita intera che passa lenta ed osservo svuotandomi passo per passo e come un guscio forte fuori e vuoto dentro respiro piano per riempire un vuoto, per comprendere un vuoto, per imparare dal vuoto.
Poi si ferma, si gira e la testa si piega appena e quella vita e' la mia vita, e' tutto cio' che non ho avuto, che mai imparero' a conoscere e scoprire che la dignita' corre piu' veloce di gambe, motori, reazioni e reattori e in essa ci si perde e lentamente si affoga, fiato trattenuto, fondo trascinato e buio e paura e non riesco e non posso e non ce la faccio, non oltre, non ancora e alla fine, alla fine ritrovarsi nuovo respiro e anche il mio capo accenna un grazie, il mio grazie, il solo grazie che un senso puo' regalare e riemergere volendo restare, volendo fermare la corsa, interrompendo la strada, zittendo l'asfalto, placando il dolore, lasciandosi dietro, rimanendo indietro, perdendosi indietro.
Non ho voglia di ripartire, ma lo faccio e non fa neppure troppo male, non resto li' a pensare, non voglio in fondo neppure restare perche' in certi luoghi si sta e si va nel contempo e senza confondersi, senza rimpiangere, senza rimpiangersi, piu' pesanti e piu' leggeri, confuso ma non spaventato, vita sottratta al prezzo di un sogno in meno per un ringraziamento in piu'.
(nessuna canzone perche' questa canzone e' mia, questa canzone e' per chi ha una vita dietro quattro ruote e un po' di latta, per cio' che ho perso negli anni che verranno, per cio' che ho avuto...)

sabato, settembre 12, 2009

Innovazione e supremazia

Potrebbe sembrare universo in continua contrazione o infinita espansione, che differenza fa in fondo, che potrebbe cambiare nei giorni piu' corti del futuro opaco e grigio come polveroso fantasma stanco di spaventare e urlare e sbattere inferiate nella sottile necessita' di esistere ancora un poco, ancora un minuto, sempre un minuto di troppo.
Non so se ho scelto, non so se sono stato scelto, non conosco il momento e neppure il giusto sentimento, negazioni forse pari, forse dispari, forse nel candido e profondo sospiro di un sogno che non ho voluto mi accompagnasse nei giorni, nelle notti, nei passi pesanti, dietro le porte che si chiudono con facile noncuranza, con voluttuoso gesto, artistico sorriso di morte e desolante divertimento.
Oggi e' giusto, oggi e' sbagliato, oggi ho troppa forza, esigenza di qualcosa che renda migliore e unico cartone pieno di fumante cibo come fosse il solo nutrimento possibile e forse lo e', che lo sia quando si vuole dimenticare mentre si vaneggia logica distorta, concetto piegato, pensiero spezzato.
Gia' spezzato e se invero fosse sapore d'urlo che ho dimenticato d'assaggiare tra neve ed asfalto, tra cicale e polline e che sapore avrebbe avuto, che gusto non ho apprezzato e rido dicendolo e calcio porte e mobili e dita sanguinano, polmoni strillano a chi, per cosa nel senso compiuto di rispettoso ascolto, mesto addio.
Nuvola e nuvola sia, vento e che bruci via affanno e pietoso arrendersi ma io c'ero, io non ho visto, io ho saltato corpi ed ostacoli e niente, niente risuona nel giusto modo nell'inutile vastita' del futuro negato e al diavolo cio' che striscia perche' di terra si nutre, di sporcizia e pensieri cattivi s'inebria.
Poi c'e' un cielo e quel cielo e' colmo di quell'azzurro, onde di luce e sotto il blu dell'alba tutto potrebbe cambiare lo so, ogni ora dimenticata avrebbe un senso, non definisco ma qualcosa potrebbe compiersi, liberarsi, persino volare e perche' no, vivere in eterno.
I told you
That we could fly
'Cause we all have wings
But some of us don't know why

giovedì, luglio 23, 2009

Lessico infamigliare

Osservo piccola colonna d'acqua, perfetta, cosmico equilibrio, sobria forma che m'affascina come mai prima e non penso, non formulo grandi domande, allungo la mano e la temperatura e' indefinibile ma esatta nell'avvolgere pelle e sensi, nervi come neve che saluta il mondo per farsi respirare e regalare un momento di vita in piu'.
Pelle che conosco benissimo e mi sorprende aver dimenticato cosi' in fretta e cosi' in fretta recuperato indifferenti anni incapace pero' di scordare, di seppellire completamente ed e' normale, naturale nell'ampia sua accezione.
Dove sono stato, fin dove mi sono spinto, non si esce dal proprio sangue, quasi mai, non del tutto, ignorare non cancellare e straniante confusione, capo leggero nella tempesta del tempo, nel vortice dei ricordi ma forse basta non perdersi tra terra umida e radici brune, filamenti aggrappati a fango e sabbia, foglie morte d'olezzo forte ma sono fine, sono inizio, nuovo cerchio, cerchio da spezzare pero', da punire e far cessar di rotolare.
Rimuovere da dove si proviene e tramutare il presente in un eterno ieri, incerto domani senza guardare in basso perche' immagini fluttuano e danzano e colpiscono forte, dolorosamente le braccia resistono poi colpiscono il vuoto e stanche s'accasciano, inutili gesticolano ed e' battaglia d'intenzioni opposte ed incoerenti.
Ma c'e' acqua e d'improvviso sono sereno e non mi riconosco piu', piccolo trapasso che vede allontanarmi e in terza persona osservarmi, ridefinirmi e senza pregiudizi tracciare un profilo che giustifichi indifferenza laddove pieta' o equivalente rabbia non scavano, neppure dimorano e cuore resta a guardare annoiato, un poco indispettito, timore di strane rivelazioni, inaspettate scoperte ma c'e' accurato lavoro di costruzione, muro di mattone quotidiano, invincibile forse, impenetrabile si dice ma acqua e' placida, acqua non dorme e colpisce pelle su pelle su pelle lasciando inalterata la convinzione che nulla possa piu' accadere, niente sappia piu' ferire, che da qualche parte sangue copioso scorra, illudendosi sia retaggio di pomeriggi antichi e non dolore futuro.
It's been a long road
getting from there to here.
It's been a long time
but my time is finally near

lunedì, giugno 22, 2009

Il chiuso esterno

Completa sincronia, totale distacco, lisergico momento di ghiandole e stanchezza, avvicino i suoni a me perche' li voglio stringere, abbracciare, dedicare loro i miei sogni piu' belli, gli incubi peggiori e instancabile racconto tra bisogni e pensieri che strappo violentemente dall'anima e con odio sfondo il loro grigio cuore nella speranza di rosso sangue, nel desiderio sadico e cattivo di tranciare braccia e gambe affinche' non scappino piu', non s'allontanino troppo da me e con me finiscano i loro giorni, le loro voglie, bisogni e necessita'.
Ascolto e sento e comprendo e mi domando se sia quella unica felicita', sia l'eterno colore che ruota e si mescola dentro altro colore, dentro altro colore, dentro caleidoscopio di schermi e dentro forme e dentro suoni e dentro flauti meccanici eppur dolcissimi, stridore di denti morbidi ed avvolgenti e non provo dolore al tocco anzi calda sensazione di trovata meraviglia che meraviglia non e', non dovrebbe almeno, non in questi anni di voli in cieli sempre piu' aperti, sempre piu' alti, d'aria rarefatta che da' alla testa e leggeri ci s'innalza cantando le lodi di un tempo andato ma non dimenticato che vivo, che indosso nelle sere migliori, nel festeggiare cosmo mio solo e di nessun'altro.
Ero la' ed ero bambino, ieri e oggi sul bordo ripido di nastro marrone e gia' comprendevo ma non sentivo, oggi sento e non comprendo ma va bene cosi', meglio e' cosi' se incantato non mi ribello e lascio fare, resto ad ascoltare e che altri osservino scritte d'ignota lingua da tutti compresa e da me solo ignorata quando non ho bisogno di capire nulla, non mi serve tradurre banale segno quando e' il gesto che definisce e giustifica.
Forse e' solo magia o un pezzo d'anima incastrata di colui che ha ridefinito i canoni della morte, ha saputo giocare con essa e vincere, vivendo perfetta dipartita, abbandonando il gioco quando ormai stanco e noioso, senza rimpianti, senza preghiere ma immerso in quei colori, nascosto tra le forme e schermi e caleidoscopi e flauti, si flauti dolcissimi...
Lime and limpid green, a second scene
A fight between the blue you once knew.
Floating down, the sound resounds
Around the icy waters underground.
Jupiter and Saturn, Oberon, Miranda
And Titania, Neptune, Titan.
Stars can frighten.

mercoledì, giugno 10, 2009

Dolce, grande, immenso

Quasi impossibile restare, quasi brillare, quasi premere con dolce fermezza e se una volta illusione non fosse, se avvicinare il giorno non significasse evitare la notte anzi esaltarla nel pensiero di chi resta, di chi ha ancora una canzone da ascoltare, da vivere in questi giorni spesso uguali, fatti di piccole ore, persino gioie ma in fondo nulla sono i diamanti se smarriti in oceano di un tempo che non appartiene e non si vuole.
Divertimento di cio' che resta e forse e' cinico pensiero, banale rivincita ma e' bene non dimenticare che qualcosa deve ergersi tra il nulla e il cielo, che vi sia una stele d'umana fattura, di un racconto che potrebbe persino piacere se raccontato, magari moda o colorata sequenza d'immagini di breve ma imperituro istante nel cosmo fantasmagorico d'elettrica esistenza, di vuoto reso pensiero, elevato brusio elettrostatico, scintilla ora solo moneta di nessun scambio.
Pero' conosco, pero' ho capito, pero' so e so tutto ma non c'e' piu' vento che rinfreschi, nessuna mano che trattenga e implori tra l'egoismo di ruolo che ho rifiutato senza scuse, senza imitare il bisogno di vivere.
E' forse un giorno speciale e se non oggi un altro oggi e ancora un altro, sempre malinconico guardare in tutte le direzioni, certo troppe, una in piu' non c'e' dubbio, una in meno e si complica un gioco che ho lasciato ad anni banali di caleidoscopico bisogno, di spazio ad un passo dalla porta, da una finestra sempre piu' stretta e corta e opaca e fredda al tocco quando sfiorare e' necessita' di umano esistere.
Sento quell'orchestra ed e' li' fuori e qualcuno ha suonato, qualcuna ha cantato, altri hanno lasciato terreno e spazzatura ed io non ho coraggio, ancora non ho coraggio di abbandonare terra calpestata ed e' freddo, e' umido e sara' sempre cosi', sempre cosi', sempre cosi' e non importa cosa stia guardando, non serve alzarsi in piedi, non c'e' un quando se tutti i forse stanno terminando e cosi' rimango in attesa dell'odio, in attesa di niente che come un gesto cancelli universo intero.
You can say the sun is shining if you really want to
I can see the moon and it seems so clear.
You can take the road that takes you to the stars now,
I can take a road that'll see me through
I can take a road that'll see me through.

mercoledì, giugno 03, 2009

...too few to mention...

Un passo ed e' un passo pesante di quelli che scuotono fronde di alberi contro tramonti incendiati, contro umani perduti e si scuotono le stelle al di la' della luce, si frantumano pianeti color smeraldo, si aprono oceani e nuovi dei trovano dimora tra polvere e cenere e calce e cristallo a pezzi sotto piedi nudi.
Un passo ed e' uno nuovo in direzione che non so, forse avanti, forse indietro, forse laddove non sono mai stato e non importa perche' ogni luogo e' sconosciuto, ogni salto ultimo che mai potro' compiere e alla fine morte, in fondo vita, nel mezzo un eterno precipitare ed e' quell'eternita' a dare forza, a muovere muscoli, a rendere leggero corpo stanco, sempre piu' stanco, sempre piu' stanco, doppia voce, coro ed e' innanzi e urla e soffoco e trovo un senso o mi pare forse di avere la chiave di una porta che mai ha sbarrato la mia strada eppure un giorno mi sono spostato o rimasto pietra, non so dirlo se buio e' dentro, se buio e' fuori, se tutto si mescola e confonde declinandosi in stanza di orologi fermi, di tempo assente, di canzoni immutabili, di vibrazioni tra ossa e stomaco e nessun pensiero, nessun dolore, ignorare, ignorare, evitare, salto in quella voce e se doppia diviene tripla, decuplica e sa Dio se solo fosse abbandono, se solo sapessi urlare cosi' forte, cosi' maledettamente bene da rendere ogni stanza di questo universo senza tempo, senza il consapevole lascito di umanita' che ricordo di aver avuto, di aver amato.
Un passo e non li conto, non li definisco, non li catalogo in un quaderno rubato troppo tempo prima e che piu' ho voluto ricreare, ripensare tra automobili squadrate e buffi capelli di casa che battezzo unica, sola perche' li' ho dormito, li ho mangiato, li' smarrito e mai ritrovato e cio' che ho chiamato maledizione invero ha forgiato acciaio e tagliente lama, niente s'avvicina, tutto sfugge spaventato ed indefinibile non lascia dormire, non fa parlare, solo ricordare, emozione che non son riuscito a contenere, a sorridere sopra, a dire di essere e di avere, cerchio mai chiuso ma del resto non e' forse questa la vera eternita'?
What can I say
I don't want to play anymore
What can I say
I'm heading for the door
I can't stand this emotional violence
Leave in silence
Leave in silence

martedì, maggio 19, 2009

Madre universo

Potrebbe essere un bar, forse un terrazzo troppo troppo caldo, magari una zanzara carica di terrore ed istinto e guardo, guardo, guardo senza ricordare ricordando troppo, confondendo si e che siano pochi i volti, pochi i passi, stanze piccole e soffocanti e fuggire, fuggire lontanissimo avvicinandosi al rancore, tenendo vicino ai pensieri il dolore, rabbioso rancore, silenzio umido e grigio, vicino, vicino ma lontano da cuore perche' li' cio' che toglie sonno toglie vita e vitalita', uccide con perfidia e noncuranza, merito e bisogno questa e' la verita' assoluta e incontestabile.
Voglia, voglia di dire basta ma non c'e' urlo cosi' forte da farsi udire laggiu', laddove e' andato perduto l'indefinibile senso del vivere e a ben vedere l'insostenibile peso di un treno che fischiando s'allontana e rammenta bar, terrazze, zanzare, terrori e solo l'istinto cambia in desiderio di fermarsi e non ascoltare piu' nulla, nulla che piaccia e faccia ricordare.
Bisogno di distruzione, odori ed esalazioni difficilmente sopportabile, depressione della quale evito persino parola perche' sintassi e' concetto e concetto deve morire tra cenere e tizzoni gelidi e taglienti, alzare volume, alzare le mani, alzare sguardo su soffitto ogni giorno un po' piu' screpolato e cadente, curiosa similitudine d'occhi appannati e stanchi, certi giorni eccessivamente desiderosi di vento e sole, maggior parte d'altri notte e solitudine.
Manca un futuro a collegare bar, ad incendiare terrazzi, a cacciare zanzare e non c'e' legame, non c'e' desiderio di unire e su pagina bianca scolpire le parole "qui s'inizia" nel racconto senza autore da trovarsi piano piano, lentamente cercare, dolcemente scoprire ed infine abbandonare, abbandonarsi affinche' si possa raccogliere ed essere lasciati in illusione d'eternita' dovuta a cui tutti spetta fetta e medaglietta appuntata vicino al cuore, una piu' grande su bicipiti roventi di forza e orgoglio, fantasia e speranza, accontentarsi e vincere, vincere sempre e se pavimento trema non farci caso, non pensare, non sentire, chiudere fuori tutto mentre c'e' chi resta, c'e' chi affronta il baratro del presente, ancora in piedi, ancora incosciente, ancora con giorno in piu' da sottrarre, giorni in meno per restare, racconto che non diviene canzone, sorriso spento di sole che e' stato, ha illuminato, ha cantato.
There's something wrong with me chemically
Something wrong with me inherently
The wrong mix in the wrong genes
I reached the wrong ends by the wrong means

mercoledì, aprile 29, 2009

Il modo in cui si sente

Peso mi sovrasta dolorosamente e so che non reggero', prima o dopo qualcosa iniziera' a spezzarsi, cedendo, finendo, soffrendo, ricordando, rimpiangendo e non sara' piu' questione di quale ma se, non piu' quando ma impossibile ritorno e se quel peso ora e' dono d'importanza quando null'altro si sente e fa sentire d'essere, d'esserci, carne e non solo aria destinata a cosmo senza un solo saluto d'addio.
Rotolo non per fuggire ma per sentire, per sapere, per raccogliere esausto il premio dovuto, per sapermi un po' piu' libero e nel silenzio raccolto in preghiera per un dio ancora da inventare, forse definire eppure presente, possente, veloce nell'ascoltare, lentissimo nell'esprimersi perche' sillabe di sue parole seguono agitarsi dei rami, susseguirsi di maree, spostamento di montagne ed e' soffio sottile come lamento, come tomento, incessante mutare se felicita' e' immobile e dolore e' movimento laddove s'inizia con urlo straziante definito gioioso.
Forse e' vero che non guardo in giusta direzione ma non vedo piu' cosi' bene perche' troppa luce rende penombra l'avvenire ed eccesso puo' capovolgere difetto senza che qualcuno percepisca realmente un bisogno mascherato da volo libero fintanto che ali sono tortura in scatola sigillata e indistruttibile.
Chi ascolta certo mente, senza sapere, senza volere, senza giustificazione, senza cattiva intenzione e almeno un po' e' specchio per vedere, per vedersi, perche' pericolo giunge sempre alle spalle e forse ignorare e' giusta difesa, miglior attacco, senso di potenza ingiustificato ma senza il quale bisogno diviene capriccio.
Xilofono di massimo sole ed e' cio' che non se ne va e perdio rimane e so che non esiste peso, niente si regge laddove volare e' noia e' voglia e' rabbia e' essere e rimanere e se cio' che accade fosse racconto per notti che non vogliono terminare allora attendero' l'alba che sapro' creare.
I'm nothing but a stranger in this world
I got a home on high
In another land
So far away

sabato, aprile 11, 2009

Segnali dal tempo

Una canzone ed e' anno che non so se voglio ricordare se sorpresa e' considerazione che non preserva piu' da paure che affrontate non spariscono, non svaniscono ed e' camminare su filo sottilissimo e doloroso da qualunque lato lo si guardi, con qualunque protezione si adotti, luce mostra, luce salva, luce svela, luce coprimi e nascondimi.
Asfalto e caldo, sudore e voglia di vento, ironica scoperta che vivere non e' vita, dimenticare ultima illusione nel piu' chiuso dei cassetti e conservare tutto, non dimenticare nulla, escludere dal quotidiano tracciando in solchi profondi e ripetuti vergati con rabbia e amore, disperazione ed incoscienza, innocenza piu' perduta che conquistata ma tutto serve  si dice, tutto salva si spera, il cielo osserva, il cielo aiuta, il cielo perdona e permette, come canzone termina e si ripete, un po' piu' alta, un po' piu' spenta, noia e bisogno come molle d'esistenza, come urlo di vittoria.
Ore passano, vera trasformazione, parole restano ma non voglio sapere, leggere e' proibito ma non buttare, mai gettare in pasto al dio delle storie dimenticate il proprio volto fiero e sopravvissuto che non dimentica eppure resta lontano dai ricordi insonni, dai nervi troppo tesi e scattanti, dalla dimensione creduta propria, vissuta con l'intensita' di chi sa' gettarsi e riprendersi, col sorriso di chi perde sangue e gioisce di strada verso casa ritrovata ma quelle non sono mura note, porta sicura di unica direzione ed entrare puo' essere trappola se alba ancora ha senso, se tramonto sempre ispira, se finestra e' considerazione di troppa o troppo poca liberta', parole e non frasi, incompiuto discorso.
C'e' tutto eppure sembra niente nell'aspettarsi una reazione di chi sa conoscere e comprendere ma esistono forze, magnetismi che diversi attraggono e uguali respingono, farsa di natura severa, forse ingiusta ma la casualita' e' ragione di chi non sa comprendere che esiste un inizio, una fine, ininterrotto centro dal quale impossibile e' fuggire e nel vincolo vi e' salvezza, nel legame negata fuga e come spesso accade, le reti salvano ma non preservano un brivido che seppur dovuto e' da guadagnarsi, da meritare, da incorniciare quando in gola resta una parola sola.
The observation I am doing could
Easily be understood
As cynical demeanour
But one of us misread...
And what do you know
It happened again

lunedì, marzo 23, 2009

Orologi perfetti senza alcuna alba

Tenue blu, celeste di un cielo che non vedo piu', che a stento ricordo cosi' come e' nebbia cosmo intero, volti e accadimenti, allontanarsi e sprofondare nell'assoluto nulla, nel microscopico essere delle cose, nell'infinitesima sostanza degli oggetti, dei silenzi, dei movimenti che non piu' sanno spiegare e regalare semplice pensiero, banale riflessione.
Osservo perplesso eppure disinteressato, futilita' dell'esistere, inutilita' dell'incedere, puntare il dito verso terra sottraendolo alle stelle perche' sole gia' scalda abbastanza e di nient'altro ho bisogno, punti a cerchi e rappresentare, a segnare delimitando un infinito che poi infinito non e' mai a ben guardare, se ben si osserva, se non ci si fa sopraffare da paura del vuoto, da timore di un Dio vendicativo ed urlante.
Tra particelle come mondi vero vuoto, nessuna materia oscura, no luce e semplicissima complessita' di strutture piu' gestibili ed interpretabili e quale prezzo e' stato pagato?
Forse accecante lampo, polvere, polvere che lentamente precipita verso eterno tempo e ruota ed infiamma e canta sommessamente la sua fine, il suo inizio, il dovere di esistere, il potere di comprendere delicati meccanismi impossibili ai piu', miracolo ed eleganza per pochi eletti, illuminazione laddove ogni visione appare magnifica e non e' illusione, non e' inganno se davvero c'e' bellezza ed equilibrio come cristallo tra sole rovente e rossa terra, terra arida ma evocatrice di realta' alternative quando ordinario e' incomprensibile noia, instabile sostegno di menzogne e paure, disattese vittorie e forse ci sei, si ci sei, puoi sentire, puoi leggermi, sai comprendere e che canzoni ascolti, quale notte non fa pensare sia ultima, perche' su altri perche' e avanti non e' mai rimedio ne' possibilita'.
Io cerco, io provo, si dira' che riesco e se per qualcuno e' troppo, io non sento dolore o esaltazione, vivo il senso del naturale esistere ma e' forma d'onda di diversa frequenza cio' che mi sottende, ordinario stato, condanna certa e che blu faccia male senza ferire, che tempo si compatti in fiume confuso e guidato eppure imprevedibile laddove vivere e' condizione, non dono, non maledizione.
There is a pattern as well...
Right in front of me,
hiding behind the numbers.
Always has been.

venerdì, marzo 13, 2009

Eleganza controllata

Nero, inchiostro nero su pagina nera ecco cio' che scrivo, dove scrivo e mani inguantate smorzano sensibilita' e tatto diviene artificiale sensazione, finto percepire, immaginazione che compensa sensi e voglie, desideri e bisogno di una eternita' rapita, mancata, piu' volte evitata a questo punto rassegnata.
Non tutte le porte possono essere aperte, vi sono stanze senza luce ed elettricita', freddo e se non freddo umido, polvere gia' depositata e pesante, grigio e antico ordine che sa d'abbandono voluto, mai forzato perche' abbandonare e' scelta o codardia, costrizione solo occhi sigillati in corsa cieca nell'illusione che nulla termini mai, che ginocchia reggano ogni sforzo, ogni movimento, ogni scatto che prescinde il gesto e la ragione.
Non tutte le pareti proteggono e finestre talvolta celano fuori da dentro, rosso selciato ora immaginato, viola vestito pieno e morbido, scambio che non costa eppure non gratuito ma dita spossate non vogliono contare e altre parole non vogliono uscire, desiderano senza sforzi ne' fatica, aride di storie, annoiate da storia, partecipano a rito d'individuale confuso con pubblico ludibrio perche' si esiste solo in altrui occhi, esclusivamente in altri discorsi come fossimo riflessi, ombre, proiezioni, invenzione di un insieme che annulla individui e divora passioni finalizzandole e epica fuori luogo e fuori contesto, nascondendo realta' rifrangendola e scomponendola in frammenti a miliardi.
No, non entro, non ora, parte timore, molta indifferenza, poca speranza, semmai fermarsi a lungo schiacciati sul fondo, luogo umido ma silenzioso, eppure caldo e a suo modo accogliente ed e' facile non avere altri pensieri se non i propri, infinito tempo in minuscolo spazio per abbracciare singoli piaceri, immortali necessita' che si ergono su rottami di modernita' abnorme e sfiancata, futuro che sa solo guardare avanti e non alto, bassa prospettiva che rasenta volonta' di nulla, desiderio sempre meno proibito, sempre meno scontato.
You walk in a room and the world stops to stare
You mesmerize all who are caught in the glare
of the spotlight that follows wherever you go
does it light up the emptiness

giovedì, febbraio 26, 2009

Bassa Fedelta'

Ho ascoltato la voce della notte, innumerevoli voci e quante sono pur rimanendo una, che fragore tra sospiri che senza sosta vogliono cancellare e far dimenticare, lasciare alone di sogno, dubbio d'esistenza e immotivata perplessita'.
Ho guardato il cielo, qualcosa diverso nel blu, nel rosso, nei colori e non colori, sovraimpressione di neri fili ondulati e veloci, correre, scorrere, non capire eppure sapere cio' che conta, intuire ed e' nuovo intendere, sentimenti inaspettati covati nel gelo esteriore di fuoco sommerso, mistero e questioni accantonate perche' qualcuno disse che non vi sono risposte a tutte le domande, qualcuno voleva cio' che capiva e se uomo non ha ali allora volo non esiste, se parola e' gola onda e' fantasia, frequenza invenzione e questo mondo intero a soffio veloce, sterzata dolce, da divano a letto.
Poi energia davvero non si distrugge e forse e' solo tempo che come fiume leviga ma non annienta e linee divengono numeri, numeri inesprimibili concetti di complicate e rappresentate formule ma tutto fa parte di sintassi da apprendere poco alla volta malgrado apprensione ed ansia, immatura fretta, abitudine eccessiva del correre nel proprio campo, coi giocattoli gia' noti e a volte consunti sotto peso di anni inevitabilmente carichi d'esperienza e conoscenza.
Se vita e' V rovesciata puo' sguardo laterale compensare impossibile ritorno, scoperta, ricordi da reinventare, collocare nei giusti spazi e giusti sono sul serio se dormire coincide nuovamente con innocenza, se cio' che lega e' discorso che attende conclusione da anni, decenni di polvere e punti interrogativi, infine tocco delicato, rispetto e timore, respiro trattenuto senza sofferenza, senza sperare perche' sapendo di ritrovare scrigno sepolto, vi nascosi magia rimasta tale, sospesa in paziente sorriso, materne braccia aperte e nessuna parola da spendere, giustificazione meschinita' non richiesta, infinita opportunita' in lunghissimo presente, eterna infanzia di occhi e orecchie avide, vogliose ed ansiose, confusione tra bisogno e soddisfazione, una volta tanto regalo senza prezzo alcuno.
Safe in the light that surrounds me
Free of the fear and the pain
My subconscious mind
Starts spinning through time
To rejoin the past once again

giovedì, febbraio 19, 2009

Girare non smarrire

Pensare a strani eventi, ricordi probabilmente inventati e cullarsi nella confusione mantenendo vivo presentimento che confusione non e', obiettivo ancora tutto da chiarire, reale ed irreale sospesi come luci tenui nel profondo grigio di notte umida, faro da seguire come ultima salvezza, forse punto di non ritorno di preannunciata calma o stasi o arrendevole cedimento e dentro a nido ovattato poltrona maledettamente comoda e calda e voci gentili sussurrano parole che voglio sentire, massaggi a muscoli indolenziti e desiderio di fermarsi, si fermarsi, indotta quiete.
Sono gia' passato per tutto questo, vinto perdendo battaglia, perso vincendo incomprensibile esistenza che non rinnego certo, da non osservare nell'insieme, piccole dosi, accenni ed accadimenti come isole d'arcipelago fitto e pescoso, fotogrammi non sempre uguali, leggere differenze infine narrazione, storia unica ed irripetibile.
Ora non conta perche' se e' vero che vetta rivela vetta, e' anche vero di profondita' anticamera di sempre piu' recondito anfratto, infinito discendere e non e' inferno, non e' dannazione rovente, solo stanco cammino, buio tanto evocato, luce troppo assente ma scelta fu fatta nell'infinito nulla, nessuna concessione a limitato seppur caldo abbagliare e non so, cosi' puo' andare, cosi si puo' accettare, cosi' si puo' restare.
Eppure ricordo suoni, alti suoni, canzoni e penombra, canzoni e lampi, canzoni e verde plastica, semplicita' di qualcosa sottratto troppo presto, compensazione o solo predeterminazione ma ho toccato suono, ho posto domande, ho trovato risposte, ho raccolto frequenze come grano maturo perche' in elettromagnetica terra sole e' azzurra emissione, sensi contratti e d'un tratto espansi, battito di cuore molto piu' grande, molto piu' forte, molto piu' possente.
Racconto ad occhi chiusi, metallo danzante su giro di basso e quelli sono gli anni, quella l'immagine che gira vorticosa attorno incerto centro, unico punto che potrei riconoscere, che dovrei ricordare, da li' certo ripartire.
I was a swimmer in a foggy bar
I was trying to find some sea
I was the sound of the furniture
I was a silhouette for years

martedì, febbraio 10, 2009

Mancata memoria

Da giorni ascolto inconscio perche' usa parole che potrei capire, interpretare, storie legate e sensate piene di numeri, luoghi e persone, volti noti di carne e ricordo, case deformate, si deformate nelle quali sono pero' padrone di spazi e strumenti in architettura coerentemente mescolata, piacevole in fondo, innocua certo.
Griglie elettrificate e uomini angelo salutano folla sorridente e distratta che festeggia il passo lento una volta tanto senza scopo, senza corsa, senza destinazione, cerchi concentrici poi verso casa liberazione, ibernazione sino alla prossima festa, al momento in cui uscire da ogni cosa divenga impellente necessita', fosse uovo che nutre ma uccide soffocando, schiacciando, comprimendo senza spiegazione, nessuna logica che non sia uscire e respirare.
Respirare del resto e' opzione importante non assoluta pero', a tratti gesto collettivo, simbiotica appartenenza, illusione di socialita' esaltata da paura e bisogno perche' forza solitaria, collettivo debole e vigliacco, accettabile solo in innocuo rito d'irreale comunanza e dentro c'e' uomo che vacilla e dubita eppure certo, consapevole e in cio' ragione e potenza in eterno conflitto con falsi valori bidimensionali a quattro colori, regole del vincitore e da vincitore indisposto, appena sfiancato ma attento quando anni non pesano, quando domande aumentano, quando mondo tutto s'allarga e terre emergono incessantemente da abissi oscuri svelando costruzioni antiche eppure innovative, sbalorditive.
Letti pieni di terra e briciole ma prezzo va pagato, troppo salato ma gia' si e' speso, gia' si e' dato, gia' nelle notti d'inverno gelo esce da oscura tana come lupo famelico del quale riconosco da tempo lezzo e taglia, nel vento ci si incontra, fiuto e scalpiccio di foglie bagnate, antico duello che incruentemente finira' senza sangue ma col gemito di ultimo giorno, ultimo tramonto, ultima notte e non piu' alba e lentamente accetto, sempre in piedi osservo vicina sabbia per tramutare orrore in sorriso, destino in scelta, brezza in canzone.
Don't let the day go by
Don't let it end
Don't let a day go by, in doubt
The answer lies within

giovedì, febbraio 05, 2009

Giovedi' sprecato

Come questa notte non so se piovere o nevicare e sono sferzate dure, dolorose queste gocce gelate che colpiscono con sadico piacere, disinteressato male e per questo piu' provato e subito, certo sgradito e terribilmente intenso.
Aria di taglio sul volto e sulle mani, mi muovo a fatica ma immobile e' condanna, arrendersi anticipato di ore che non meritano molto, quasi nulla e voler essere solo diviene preghiera, speranza come cibo che manca, appetito che sa d'antica paura, ritorno ad orrori narrati e mai davvero compresi come concetto di silenzio tra acciaio stridente e fiamme danzanti nel ricordo di quanto non e' mai stato, nel momento in cui materia muta di stato in stato, gioco che nulla insegna sulla vita, sull'erba, sulle colline abbandonate da un sole sempre piu' stanco, sempre piu' rassegnato, occhi chiusi, occhi chiusi senza scintilla e slancio, riflesso d'acciaio e pietra anch'esso a svanire, sfumare lentamente persino dai ricordi piu' audaci, dai resoconti di sorriso dispensato nel sabato qualunque di un ombrellone qualunque innalzato tra asfalto e voglia d'andarsene lontano, lontanissimo.
Stato d'esistenza e' striscia di finita lunghezza, estremi sfaldati, disgregazione dimensionale, visione d'antico fumetto europeo forse ma efficace rappresentazione di cortissimo immenso, cosi' piccolo ed irraggiungibile da confondersi coi venti siderali dei quali ignota e' provenienza, mistero e' destino nel domani e nel profondo ieri.
Certo trappola, forse ineluttabile fantasia di cui si ha bisogno, senza la quale il giorno urlerebbe di granitico dolore in perenne desiderio di fine, morte e paura fratelli infine voluti e chiamati, perenne disfonia di gutturali suoni, inutili sillabe accatastate nella ricerca di frase sensata, qualcosa che almeno io posso comprendere, cacofonico giorno al quale non appare posso abituarmi, non del tutto, non sempre, non facilmente almeno.
Oggi a stento basta una canzone e la musica non finisce ma trascino dita sempre meno agili in guerra d'unico colore, unico sconfitto e se campo incolto grigio e' cio' che resta, nel grigio cerchero' dura roccia che almeno sappia far male, molto male...
It's not the human walk
It's the human race
If you're livin' on the edge
You're takin' too much space

venerdì, gennaio 30, 2009

Concrete

Ricordi sonori non attutiti mi calmano, tempesta non inquieta oltre eppure brivido caldissimo spinge a calma riflessione, misurato movimento e considerazione che paure perenni cicatrici senza dolore ma all'occhio presenti se giusto angolo, se decisa voglia di scoprire, un po' imparare, molto interesse, qualche morboso avvicendare di voglie.
Puo' forse prima immagine essere assenza di luce, finestra aperta su chiarore intenso di citta' e pianto disperato per assenza, non di scoperta e paura, puo' cupola di rete avvolta liberare e non intrappolare terrore ed incubi.
Piano piano cappa scura scende sul volto, pesante fardello su martoriate dita e musica ferisce, non piu' del solito, non meno del normale, puntura e un po' di sangue, viva testimonianza, viva presenza, viva conferma, non ho metodo, non ho altro metodo e ancora so risolvere, ancora mi sento lento, percepisco soffio di lentissime ore, giorni mai sazi, ricerca di termine e non di inizio testimonia disagio e falsa aspettativa, motivo in piu' per proseguire verso stella abbagliante ma nessun calore, milioni di colori, una forma, infinite canzoni, unica voce.
Improvvisamente cessa ogni suono, caldo soffio in freddo inverno, voce d'acciaio che appare stanca anch'essa, poco alla volta orientata a cambiare discorso, a celare rimorso, a stringere prima cuore e poi mano in un racconto che non convince e non sa donare tranquillita' alcuna, alcuna voglia di proseguire e combattere.
Forse andare, non cercare con sguardo bianco macchiato nero, plastica opaca e decadente, sorrisi falsi e deprimenti, bacio che non so perche' alieno, fastidio, fastidio, tedio e colori a poco a poco desaturati.
Fotografia non mia, indecente e decadente, stile d'altra rappresentazione, radice ed estremo ramo perche' nuvola e' roccia stanca di osservare in silenzio e cosi' volo, poi luna, infine stelle, lontano viaggio, vicino addio, costante presenza di forza e ombra vicino alla quale riposare, osservare, tentare riproduzione, cercare benedizione, meritare bisogno, ambire a velocita' per smarrirsi una volta di troppo, una volta e mai piu'.
Again we dance into the fire
That fatal kiss is all we need
Dance into the fire
Two fatal sounds of broken dreams

venerdì, gennaio 23, 2009

Otto luci asimmetriche

Ho freddo ed e' strano, spiacevole e inaspettato, aria che non dovrebbe essere qui, odore dolciastro di salsedine incomprensibilmente spaventosa, come qualcosa d'impazzito, sovvertite leggi e revocata realta'.
Potrebbe essere desiderio di cogliere un'essenza che non so definire e spingersi un po' piu' in la' e' rabbia e frustrazione, mancato ricongiungimento con un giorno che fu importante, inconsciamente indimenticabile.
Viaggio separato da caldo cristallo, penso, credo di cogliere un'essenza, vedo colori gialli e marroni, so che non arrivo e so quanto vana sia la notte alla quale non segue il giorno e immagino di aiuto bisogno, metodo, tecnica, vasca di acqua e sale o semplicemente profumo indelebile e in questo superbo.
Spasmodicamente riproduco candida luce intervallata da colonne di pietra e storia e dopo luce acqua, riflessi magici nella penombra del mattino, domenica di festa, occhi che per la prima volta vedono e le mie labbra rapaci si nutrono di cose buone, cose nuove, bianco e arancione tenue magia di colori quando asfalto era strada immensa e senza pericolo alcuno, quando aveva senso farsi proteggere, riconoscere valore presto dimenticato, mai acquisito, sconosciuto al punto da smarrire genetica e millenni in feroce ricoprirsi di passioni e desideri irrealizzabili.
Eppure piacere e' limitato, risposta non affermazione, come non voler vedere, come non voler sentire, adesso si ma dopo, arrivo, svolta sempre sbagliata, sovente dipersiva, affanno inutile, inutili lenzuola a difendere sonno turbato.
Restano frasi semplici ma disturbanti, verita' elementari ma in qualche modo sorprendenti come vicinissimo ignorato infine spiegato ma stupirsi non e' neppure gioco se moneta nel pozzo non trova fine di caduta da troppo tempo attesa, desidero ancora tutto da esprimere in tempo corto, battito levato e sospeso, antica passione sin d'ora illusoria, di sogno in sogno, di ora in ora, mescolate carte su tavolo sempre meno verde, sempre piu' freddo e inospitale, partita troppo attesa, infine da concludersi, nel silenzio, nel gelo, nell'oblio.
I'm a doorman at my Death Row, you faceless foe of heart
An accent, a drop of darkest blood on snow, white feather in the tar....
a tearstain on your frozen face...
A life - in black and white

lunedì, gennaio 19, 2009

Dedalo

Guardo avanti e sembra non vi sia piu' nulla, niente che possa bastare in un oceano di compromessi, stanchi ricordi, spasmodico bisogno d'introvabile piacere, solitario osservare sconsolato ed annoiato perche' cio' che non c'e' non torna, cio' che non torna non appartiene, non e' mai appartenuto, non sa disegnare archi colorati e nuvole, nuvole divengono unico cielo possibile, sola immagine da portare con se' anche quando luce e' bisogno.
Dipendera' forse da immateriale tempo che non posso toccare, sentire, neppure vedere, muro, muro da penetrare ad occhi chiusi, piano piano, uno sguardo alla volta, sillaba che non diviene parola perche' parola e' segmento, suono e spazio in orrendo rincorrersi e qualche perche' in troppa attenzione da prestare.
Resta cio' che gia' e' stato nel miracolo dell'infinito frazionato, incomprensibile paradosso ma innegabile verita' perche' tra plastica e labirinto giacciono specchi e colori lisergici, tonde sfumature che non oso ricordare, forme che voglio evocare e canzoni che ho imparato a gestire, concepire, udire con la capacita' di colui che ha dovuto imparare aliena e bellissima lingua, comunicare col silenzio per osservare dentro distesa ed incomprensibile landa circostante.
Immagine e' terra screziata scura dal freddo, grigio, grigio e pietre, nero non piu' erba, nebbia in eterno imbrunire, albero solitario al centro, inutile gesto di vita, offesa al silenzio, all'immobile cosmo che tale deve rimanere, nascere e cadere, crescere e morire, senza nulla oltre se' stessi, intorno troppo, dietro coloro che sono stati, davanti corpi senza cuore, occhi spenti, piccole fessure impervie da non sfiorare, sempre che sia, sempre che fosse, sempre perche' mai e' parola proibita, unico termine inventato e per questo inutile, inutile come comunicare.
Del resto presente e' piatto di cibo gia' mangiato, ricordo di sapori, olfatto appena inebriato, dolce cedimento, sostentamento ed essenza eppure piacere, mattone si mattone piccolo ed ignorato invero necessario, griglia di ricordi allineati e decadenti, scarto di cio' che humus e', e' stato, un ricordo, un presente, poco domani, tanto sempre.
Perche' in questo mio risveglio, in questa nudita'
una lacrima si perde nell'ultima realta'
e nel chiarore del tramonto comprendo che
l'Infinito e' un'illusione, l'Infinito e' in me

lunedì, gennaio 12, 2009

Fiore nella ruota del tempo

Cielo, cielo declina a pioggia, luce brillante, raggi luminosi come dita di Dio a voler ripulire terra da cavi e cemento, sporcizia e smog ma il giorno e' alto, speranze ancora immense, sentiero senza ostacoli, senza discussioni.
Qualcosa finisce ma e' ciclo di vita, qualcuno soffre ma non siamo nati per questo, non e' forse vero che non c'e' discesa senza salita e in fondo si dimentica, del resto si cambia, si cresce, s'impara e c'e' ogni volta qualcosa da svelare e mistero definito da ignoranza, da mancata conoscenza, da pagine non aperte, musica non ascoltata, melodie non cantate e serve soltanto qualcosa che sostenga, qualcosa che non faccia cadere e lasci innanzi agli occhi tutte quelle parole, mondo dentro mondo, istruzioni di una vita da non vivere, forse manuale di strano sollazzo che se conosci non giochi ma intanto che sia silenzio, che altri urlino e corrano, si proteggano dalla pioggia vicina, cosi' vicina.
Come fine senza inizio, come fato inesorabile cosi' ben delineato che pare inutile persino vivere e chi non capisce, chi ignora, chi inneggia stupidamente a vita di fango e luce, sempre meno luce, e' immagine oscurata nell'illusione di bagliore, e' fango nel ritenersi acqua fresca, e' gas mefitico scambiato per ossigeno.
Gocce di esistenza che se ne va, letto di colpevoli rancori, maledizione sputata in faccia a desiderio di vita che non si vuole, non si merita, non ci sara' e siano altrui lacrime a benedire terra gia' conquistata e prosciugata, illusione di potenza, illusione di forza, illusione che cio' che si vede sia cio' che e', nell'avvicendarsi di angeli e bambini in coro dal sapore di gettoniera e meccanismo celato alla vista, ai sensi, alla realta'.
Un mare di verde sconvolto tra cielo e terra, inaspettato evento eppure solo nel riportare ordine e principio, punendo malvagi salvandoli, riunendo cio' che mai doveva congiungersi, veniale peccato su veniale colpa, destino a quattro zampe ma cio' che conta sono occhi, sguardo fisso di chi ha innanzi a se' una luce, uscita da inferno verso aria, aria da respirare, pioggia da bere avidamente, calore infine meritato perche' colpa e' nera onda che s'attacca all'anima prima della vittima e poi del carnefice e non importa, davvero non importa inizio, fine, acqua, terra, morte e vita quando con quegli occhi si puo' far nascere una vita, unica vita che posso immaginare.

martedì, gennaio 06, 2009

C'e' mancato poco che non succedesse mai

Io non ho, io non possiedo, non so quanta conscia scelta, quanto disegno ad occhi bendati su un foglio cosi' grande da non vedere fine, cosi' bianco da rimanere attoniti ed abbagliati, cosi' caldo da fermarsi a mani tese e palmi abbassati, fermarsi, fermarsi un poco di piu', un giorno in piu', un silenzio in piu'.
Io non ho, io non ho un luogo, quieta stanza perche' non so vivere nel silenzio, non so viaggiare tra stelle col vuoto a separarle, col tempo a consolarle, col buio a proteggerle e il mio cuscino e' un'orchestra di oro e diamanti, note che straziano, note che fanno male e lasciano dietro pensieri di luoghi che non sono qui, che non so, che non devo, che fanno paura a pensare non esistano, nel pregare che dietro quella tenda scura vi sia passaggio.
Io non ho, io non vedo, non vedo piu' eppure questa mia vita e' fatta di immagini e colori, conseguenti forme mai troppo delineate, linee accennate, sfumature si sfumature e grigi a calare nel punto esatto in cui l'immaginazione declina in spazio che circonda, nella stanza dell'immenso sempre, in un mondo che si perde allo sgurdo e per questo piccolo, inutile, fuggevole, distante un solo urlo da qui, dalla fredda finestra che non trattiene calore, non separa gelo.
Io non ho, io non posso fermarmi e in questo resto immobile, lascio vibrare le corde sapientemente pizzicate da chi sa farlo, da chi puo' farlo e in parte e' controllo, soffio che assomiglia a carezza e mi lascio andare, so farmi sorprendere, posso girare attorno ad un raggio di sole e costruire nuova vita, Dio di un solo istante quando tempo e' ancora tutto da inventare, da comprendere, da definire lungo linea forse immaginata e comunque reale.
Io non ho, io ho tutto cio' che serve ma non so servire all'onda incessante di un mare che non oso vedere, non posso raggiungere e guardo cosi' le mie mani perche' possano raccontare di una strada solo sognata, di un tramonto racchiuso in quattro lati minuscoli e ridicoli, futuro malamente costruito, futuro che dovrebbe terminare, terminare adesso.
Un tempo, un tempo...
C'mon and save me
Why don't you save me
If you could save me
From the ranks of the freaks
Who suspect they could never love anyone