sabato, gennaio 27, 2007

Linee di energia

Amo la calma di certe notti.
Lo so, so benissimo che le notti sono tutte uguali, che i muri non centrano, che le stelle guardano il cosmo come sempre, che il mondo dorme e dentro, solo dentro i pensieri risiede la tranquillita'.
Mi illudo pero' di essere condizionato dall'esterno, forse per sentirmi meno responsabile, forse assente a me stesso.
In queste notti mi rifugio nel jazz, nel minimalismo, talvolta nel pop piu' lieve, altre in chillout laterale ed e' acqua termale di pochi gradi inferiore al corpo, getti caldi sulla pelle, occhi chiusi, desideri pre-natali, epoche fatte di sensazioni e non pensieri.
Capita che un pianoforte mi scaldi come coperta d'inverno, come camino acceso con la legna che non sfiamma ma brucia piano e come fuoco balugina tra ombre misteriose ma non pericolose, arazzi di buio definiti dalla stanza illuminata a contornarli.
Spesso un pianoforte non giunge solo e piccoli gruppi d'archi, a volte quartetti, danzano tra loro come timidi amanti, a tratti smaniosi, altri timorati, sempre felici in un momento che pare eterno.
Nella calma di certe notti tutto e' piu' bello, tutto fa meno male, tutto e' piu' leggero, tutto tranne il presente che assume sostanza e carne, alfine palpabile e corporeo, persino amico.
Parole, parole per definire una singola nota sospesa qui innanzi, una sola nota in cui riporre la stanchezza, le illusioni, gli incubi, una sola nota ma a volte e' grande abbastanza, a volte e' forte abbastanza, a volte e' abbastanza.

venerdì, gennaio 26, 2007

Arrivo da la'

Sovente penso al futuro.
Dipendera' dalla passione per la fantascienza, forse e' la voglia di sempre di guardare avanti o la ferma convinzione che il meglio e' sempre a venire ma il domani mi affascina e incanta.
Mi accorgo di cadere nella trappola del futuro prossimo perche' i libri come i film narrano di due, tre, quattro secoli da ora ed e' gia' uno sforzo enorme correre cosi' avanti, immaginare l'evoluzione di cio' che esiste e ancora di piu' cio' che non esiste ancora.
Ma se supero i limiti degli effetti speciali e della fantasia allora visito l'anno diecimila, centomila e perche' non milioni, miliardi?
Troppo tempo per non avere paura, per non sentirsi annullare, disintegrare in un vortice che non da' scampo ad alcun uomo.
Cosa rimarra' tra diecimila, centomila anni dei grandi pensatori, scrittori, musicisti e scienziati.
Quali canzoni, quali libri, che giornali, proclami o ideologie e se di tutto quanto non rimarra' neppure un eco nello spazio o nelle viscere della terra, che ne sara' di noi?
Forse poca materia in qualche cellula ma importera' davvero, magari quanto importa dell'avo cacciatore o raccoglitore.
Una resa incondizionata decisa sulla polvere che davvero siamo?
Tentazione ma in fondo si va avanti, fosse solo per il gusto di combattere, magari per il piacere di sentirsi vivi finche' dura...
Pero' penso al futuro, penso all'anno diecimila o centomila ed e' meraviglioso non scorgere nulla, assolutamente nulla dell'oggi.
Osservando cosi' avanti vedo altra polvere, questa volta cosciente di esserlo pero' e per questo eterna nei pensieri e nelle membra.
Immensi spazi perche' lo spazio e' casa, tempo di conoscere perche' conoscere sara' finalmente un dovere, status solo verso se' stessi.
Paure diverse dalle nostre, bisogni diversi dai nostri non certo assenti perche' senza paura, senza bisogno non c'e' evoluzione, non c'e' crescita, non c'e' progresso.
Liberta' di vivere, scelta di morire, eternita' come opzione ma non interessera' a nessuno perche' se l'infinito e' astrazione, il definito e' concretezza, garanzia dell'esistenza.
Solitudine, tanta solitudine perche' ambita, quella che prospera anche in mezzo alla folla, solitudine cercata che non ferisce e quei pochi che cosi' non vogliono, un universo di scelte innanzi.
Si, penso al futuro e la nebbia del presente si dirada, il buio del passato viene inghiottito...

giovedì, gennaio 25, 2007

prima Visione

Quando ho smesso di ridere?
Ora sono sicuro, ne sono certo: c'e' stato un tempo in cui ridevo, ridevo davvero, ridevo come se fosse naturale farlo.
Magari un po' scemotto, di certo senza giustificazione ma accidenti quanto era bello.
Quando ho confuso la gioia col ridicolo, la felicita' col cinismo, il ghigno col sorriso...
C'e' stato, c'e' stato il momento in cui non ho piu' avuto motivo per farlo, quando le ragioni sono crollate, il secondo che ha spezzato in due una esistenza.
Forse e' quando sono finiti gli inganni o forse e' bastato crescere o magari superare la misura minima di batoste prese.
Io non ero cosi' o forse c'e' stato un tempo in cui mi sono illuso di non esserlo.
Parlo, parlo, parlo, ma per essere felici, per ridere come non ci fosse altro al mondo, bisogna rischiare il dolore e questo no, a questo non sono ancora pronto, non lo sono piu'.
Listen as the wind blows
from across the great divide,
Voices trapped in yearning,
memories trapped in time,
The night is my companion
and solitude my guide,
Would I spend forever here
and not be satisfied?

mercoledì, gennaio 24, 2007

Guardo a fatica oltre le case

No, il vento non mi fa paura.
Il vento e' preludio di cambiamento ed e' potente nel suo circondare le case, gli alberi, le auto parcheggiate, e' maestoso quando avvolge le persone e porta via i vestiti, i cappelli, gli ombrelli, i pensieri.
Quando ci si ritrova nel vento, i bisogni tornano primari: rifugiarsi, coprirsi, proteggersi, difendersi.
Si sgretola ogni sovrastruttura nel vento, i preconcetti, le nozioni, le esperienze si dileguano e con esse le riflessioni, le considerazioni, ogni profonda analisi, le argute ellissi tracciate laddove serviva un pensiero forte.
Nel vento muore cio' che si e' divenuti e si rimane con cio' che si e' e davvero e' nuovo luogo da esplorare.
Forse quello che sappiamo non imbruttisce ma sovente cambia i connotati di uno spirito una volta puro, affamato di esistere, assetato di vedere, sentire, si sentire con l'udito, con l'olfatto, con il gusto, il tatto e il cuore.
E' strano pero' il vento...
Come porta lontano materia, abiti, membra e foglie secche, cosi' ci ricongiunge con quei pensieri che mai si ha tempo di analizzare, ricongiunge figure scomparse, frasi dimenticate, volti in passato noti, fotogrammi persi non per sempre, solo smarriti nella confusione del correre.
Invoco il vento perche' fermi il turbinio incessante di domande, plachi le troppe gole urlanti, dia requie all'anima per un minuscolo frammento di tempo...

lunedì, gennaio 22, 2007

Inventare la rugiada

L'arte e' acqua su terreno impervio e mobile.
Piano semovente, oscillante, vibrazioni multiassiali di supeficie vasta quanto una vita intera con impervie cime e profondi canaloni aridi, foreste e deserti, laghi, fiumi e firmamento quando il sole non agita il suolo.
Vita che muove se' stessa in diverse incarnazioni, motore autoalimentato, circolo virtuoso, volano a rotazione perpetua, ecco la corsa senza fine, innanzi a me il mistero eppure voglio oltre e cerco la scintilla primeva, ragione che sostiene la genesi e cosi' osservo distaccato il moto che io stesso subisco, esperimento e ricercatore, padre e figlio, scrittore e testo, linguaggio e metalinguaggio di un racconto che sempre meno comprendo.
Esiste pero' un fluido che scorre come sangue vermiglio nelle vene delle giornate, si insinua nelle crepe, in fessure celate dalla polvere, in sentieri battuti da impronte dimenticate o quotidiano percorrere.
Esiste energia violenta e delicata, dolce fiume in piena dai greti sempre diversi e per questo importanti per non cadere nell'insensato scorrere delle ore, acqua mai torbida che rinfresca, acqua limpida di bagno ristoratore, acqua che come oggi sommerge ma non annega, fluido amniotico in cui rinascere.
Disteso sulla terra umida
Mi perdo tra le nuvole
Sento la pioggia sulla pelle pungere
Il volo degli uccelli è un brivido
Che mi accarezza l'anima
Nel cielo che diventa limpido più in là
Due ali mi portano via

Rude distanza

E' difficile supporre quanto senso vi sia attorno, dall'orizzonte a quel giro di aria che accappona la pelle.
E' difficile trovare equilibrio tra cio' che arrivera' e l'adesso.
Potessi fermare solo per qualche ora la giostra e pretendere, solo pretendere, ogni tanto pretendere, spazio, tempo, immagini, pagine scritte.
Poi no, non e' cosi'...
Talvolta si squarciano i veli tra le realta', mi ritrovo dove non son mai stato e osservo sopreso e incantato quei suoli solo immaginati e non comprendo se sia bene o male.
C'e' un po' di timore, c'e' un po' di pudore, molta perplessita', corsa nel vuoto quando cosi' non dovrebbe essere.
A volte preferirei chiudere gli occhi perche' piccoli pezzi di eden spalancano le porte del purgatorio, limbo grigio come fitta nebbia percorsa a velocita' troppo elevata.
Poi no, non lo faccio, non lo faccio mai perche' troppa e' la voglia di esserci almeno un po', di sapere come sarebbe potuto essere e se dopo sto male non importa perche' anche questa e' vita, la migliore in fondo...