sabato, aprile 07, 2007

Nuova eta'

Giorni come questi sono lerci sacchetti di plastica su smeraldo prato all'inglese.
In giorni come questi le canzoni non hanno titoli ne' autori, nessun anno tantomeno storia, solo suoni incontrollabili amalgamate con la storia di qualcuno che non conosco e di cui non ricordo nulla.
In giorni come questi l'aria e' densa melassa, ti sbatte violentemente sul volto e scivola come viscida lumaca giu' per i polmoni, lasciando bruciante apnea nel petto, nello stomaco, negli occhi.
In giorni come questi concedi magnanimo indifferenza ed esigi ampi inchini ed onori perche' in giorni come questi la gente, gli animali, gli oggetti, tutto lo stramaledetto pianeta ti deve qualcosa.
In giorni come questi sei solo perche' li', li' fuori ci sono strade che non conosci, alberi minacciosi attorno sentieri aridi e polverosi, estranei con niente da condividere a la poca luce crea sinistre ombre allungate che si protendono sulla pelle bruciandola come acido.
In giorni come questi il cibo e' un dovere, materia da inglobare come ameba ottusa, il gusto e' un lusso lontano nemmeno desiderato, un poco sperato forse, in fondo un optional e certo unico perche' il cibo del passato non e' piu' neanche ricordo, tantomeno piacere.
In giorni come questi non so perche' scrivo o forse faccio solo finta di non saperlo per ignorare nei giorni come questi come mi sento dentro, per non pensare che vi saranno altri giorni come questi e nei giorni come questi chissa' che non aiuti ricordarmi che gia' l'ho vissuto, che gia' ne sono uscito, che giorni come questi non durano per sempre...

venerdì, aprile 06, 2007

Regioni antiche

Ecco, ora si che il cerchio torna a chiudersi.
Cosa potevo aspettarmi, cosa volevo veramente in quale illusione stagnante mi sono tuffato credendola fresca neve appena sciolta.
E' che devo convincermi che nulla e' per caso, forse non predeterminato ma di certo non fantasia di un giorno di noia.
C'e' qualcosa maledizione, qualcosa nella mia equazione che sbilancia il risultato, variabile imperfetta, imprevedibile e viscida.
Io pero' mi fermo qui, davvero, non c'e' abbastanza scienza nella mia logica, non abbastanza estro nella mia arte, insufficiente forza nei muscoli per andare oltre.
Poi forse basta poco, tanto e' sempre questione di poco, e' comunque questione di poco, dipende ogni volta da poco, ancora poco e il traguardo, forse meno e la conclusione, infinitesima distanza ed eccoci alla fine.
Ormai ho capito la lezione, compresa da piu' tempo sperato e depongo le armi, non per resa o codardia bensi' viso aperto laddove non c'e' piu' timore di sconfitta perche' nulla si vince e tutto si perde.
Pero' qualcosa imparo e non sempre cio' che nuoce fa male perche' forse avro' torto oppure ragione, ma e' certo che ho, e' sicuro che sono, senza altri margini d'errore, senza zone d'ombra o incertezze.
Si, questa volta mi propongo senza domandarmi, offro senza discutermi e cosi' rimarra' finche' rimango perche' esisto nei diritti, una volta tanto nella certezza dell'immutabile e nella consapevolezza di essere fermo e solo punto, immobile in me stesso ma almeno non piu' in balia di onde che mi vogliono differente.
Prendere o lasciare, ecco tutto.
Io intanto mi sposto un po' piu' in la'; una volta tanto il teatrino voglio guardarlo e non viverlo.

mercoledì, aprile 04, 2007

Prezzo esposto differente

Non sarebbe niente se fosse per i giorni, tutti i giorni, quasi tutti i giorni.
Scalare piedistalli altissimi, vertiginosi, indossare maschera e corazza, magari quella nuova nuova, appena forgiata, senza una sola ammaccatura e splendente come un sole nuovo.
Accidenti che meraviglia, che portento, che supremo godimento.
Accade pero' qualcosa ed e' sempre inaspettato, celato in stupidi film, frasi buttate a caso, sequenze intercalate, montaggi imperfetti.
A volte e' un sorriso, un gesto distratto di qualche sconosciuto, fugace pensiero che oscura come un rapido uccello davanti al sole e si rimane nudi, difesi solo dall'orgoglio e dalla dignita' e tutto, tutto, tutto e' talmente inutile...
E' come bicchiere di vino per ex-alcolista nelle sere difficili, e' come sigaretta quando la pressione e' alle stelle e hai smesso di fumare.
Tentazione di abbandonarsi e non risalire piu', sdraiato su un divano come in grembo, precipitare con molta calma da altissimo palazzo e godersi la caduta, tanto che costa...
Poi si, se ne esce, se ne esce sempre, le corazze sono ovunque nel giardino spoglio sotto casa e la coerenza di necessita' fatta virtu' aiuta.
Anche un po' di vittimismo serve, ma e' bene non dirlo troppo in giro, a voce troppo alta...
Waiting again
Waiting
Like I waited before
Waiting again
Waiting here for nothing at all
Heaven fills up my dreams
And I love it
Like a baby screams

martedì, aprile 03, 2007

Impari

Indefinibile malessere, stato di inutile ineluttabile.
Sembra gioco di parole ma e' guerra di nervi, stato emotivo come stato di vita, condizione permanente oramai, cronico incedere quotidiano senza sbocchi o uscite.
In fondo cosa mai sara', come evadere da un cerchio dal quale non si vuole evadere.
Affrontare la realta' e' anche guardarsi incapaci di reagire oltre il caldo habitat di disorientamento, scusa pronta ed efficace per non uscire troppo, magari senza cappottino e maglietta di lana.
Necessariamente male o solo una guerra diversa?
Conflitto interiore sorto dalle ceneri di desideri irrisolti oppure normale condizione per non morire su un divano, per non seccarsi in aride risate, in aride uscite, in aride convivenze che per qualche ragione bisogna subire?
E se non fosse una scusa, se non fosse un rifugio ma all'opposto il declivio per muovere acque altrimenti stagnanti, uragano con aria stantia, movimento subatomico per dare calore a particelle statiche e gelate.
Disagio come attacco e non difesa, arma micidiale e non passivo scudo dietro il quale pararsi.
Urlo di rabbia o dolore che sia puo' spaventare il nemico e come potrebbe comprenderne la differenza se la resa incondizionata non diverge dalla cieca collera quando ci si scaraventa con la determinazione di colui che niente ha da perdere.
Forse sono parole, ma c'e' un nulla la', la' fuori dal quale e' difficile fuggire, che promette aria malsana e acque ferme, proprio quelle acque da cui si cerca di scappare.
Mi arrendero', tutti lo fanno, tutti lo facciamo ma per ora ho ancora qualche lacrima da spendere per rimanere al mio posto, almeno un po', ancora un poco...
A me il sole da fastidio e sai che
Le giornate troppo limpide … mi uccidono
E non so com'è
Ma il tempo che ci spetta finisce qui
Che cerco nelle tasche Il mio free-drink

lunedì, aprile 02, 2007

Reazione alla luce

Nuovi strani sogni e nuove domande e nuovi ricordi e nuove perplessita'.
Ho congelato quelle immagini, analizzato il simbolismo, immerso in auto-transfert per ricavare misere verita', banali congetture, inutili responsi.
E' che in una realta' sbandata, persino il percorso onirico puo' essere quello giusto.
Ipotesi, supposizioni e una sola certezza nel caos inconscio: See Me, Feel Me degli Who che mi segue dal risveglio.
Non e' esatto; e' musica e immagini da Tommy, la sua sequenza finale.
Tommy libero che risale la corrente dove il fiume e' ruscello, rocce levigate sempre piu' appuntite e a strapiombo, nera parete e infine il piano, la vetta del mondo, del proprio mondo e il sole come premio.
Caldo sole da accogliere a braccia spalancate, fusione sacra e pagana, umano corpo eletto a corpo celeste come da Kubrickiana memoria e infinita pace, liberazione da ogni fardello, da tutti i dolori, dai dubbi e dalle domande.
Non molto diverse dalle scogliere di Quadrophenia in fondo; percorso inverso ma perche' non finale ad anello nel suo opposto?
Davvero, non voglio riflettere su significati o collegamenti semplicistici, lascio letti e lettini alle spalle e nella penombra della giornata trascorsa soffiero' ancora una volta sui graffi che la chitarra di Townshend lascia sulla pelle e con l'aliante bianco volero' ancora una volta sul mediocre mondo sotto me.
On the dry and dusty road
The nights we spend apart alone
I need to get back home to cool cool rain.
The nights are hot and black as ink
I can't sleep and I lay and I think
Oh God, I need a drink of cool cool rain.

domenica, aprile 01, 2007

Solo nuovo

Vorrei possedere l'anima innovatrice di Le Corbusier, l'armonia fluida di Gehry, l'estro disgregatore di Ito, gli stilemi spaziali di Meier, la luminosa tridimensionalita' della Sejima.
Vorrei creare luoghi in cui vivere, spazi che tolgano il respiro, luci in cui fondersi, interni in cui abbandonarsi.
Acciaio, vetro, luci azzurre e gialle per attirare sguardi come falene con l'irradiante viola, cemento ordinatamente schierato in possenti griglie ed irriverenti interruzioni ritmiche di scale e piani in trasparenza, neon come tenui fuochi fatui, inorganici e asettici eppure avvolgenti ed ipnotici.
Riflettente marmo venato di profondo nero sotto i piedi e ceramiche traslucide ad altezza uomo, immensi atri come in antichi castelli, come le nuove cattedrali erette dall'uomo per l'uomo, ode alla modernita', al progresso, alla civilta'.
Eppure intimo, sicuro, accogliente, ritrovo prima di individui, solo dopo uomini.
Socializzazione come scelta e non obbligo, collettivo voluto e non imposto, unione che non significa promisquita'.
Questo e' il luogo che vorrei creare per gli altri perche' non saprei erigermi un posto simile, sarebbe troppo immenso, troppo sfarzoso, troppo meraviglioso per la vertigine dei grandi spazi, troppo luminoso per la pupilla, troppo invitante per la misantropia che mi contraddistingue.
Mi nutro di luce riflessa e se dovesse confondersi con generosita' allora cosi' sia.
Guardero' da fuori, spettatore curioso, testimone soddisfatto, sincero grazie bastera' per essere, per esserci.