sabato, giugno 16, 2007

Quel che succede

Luci lontane nel poco chiarore rimasto, fari di trattori nella fresca campagna, nella verde e gialla campagna e una moltitudine di stelle ancora nascoste, attesa di buio dal quale emergere.
Aria umida malgrado la velocita', malgrado il gelo nello stomaco e nonostante tutto ancora un po' di kilometri nelle braccia, nelle gambe, negli occhi stanchi, cosi' stanchi...
Non mi e' rimasto molto, quel tanto che serve per arrivare a casa, quel posto carico di silenzio da infrangere, luci spente da accendere, immagini da proiettare e pagine da sfogliare.
Avere voglia di cosi' tanto che nulla accontenta ne' soddisfa e scoprirsi in una di quelle sere in cui le voci non si placano, i dolori non passano e persino la musica non ti avvolge come dovrebbe, non lenisce il disagio come consueto.
Un po' di rock, quello antico, quello di sempre, quello di tutta la vita e se il brivido ugualmente non arriva, le mani almeno si muovono e un po' di nulla rotea e fugge soppiantato da basso e batteria, un sorso di fiele e' sputato da chitarra molto elettrica e quelle parole scivolano come miele tra cocci di vetro.
Voglia di sentire ancora, vedere ancora e come da ragazzo considerare ogni minuto il minuto buono per provare stupore, nuova energia che brucia senza distruggere, fuoco che crea e non consuma e domani altra energia, ancora fuoco, ancora un nuovo domani.
No, niente di tutto questo ma il mio rock e' ancora qui, almeno lui rimane a prendere il posto di cio' che manca, di cio' che non c'e' piu', di cio' che non c'e' mai stato e sempre piu' sono convinto che non solo sia importante, ma forse e' quello che piu' conta.
Out here in the fields
I fight for my meals
I get my back into my living
I don't need to fight
To prove I'm right
I don't need to be forgiven

giovedì, giugno 14, 2007

Equilibri impossibili

Per due minuti, due soli minuti non mi e' importato piu' niente di niente.
Sole, sole caldissimo fuori da quelle alte mura cariche di aria viziata e gambe affaticate, zavorra di sudore e stanchezza addosso, peso inumano.
Un po' di orgoglio, un pizzico di amor proprio, testarda determinazione ma che rimane, che resta veramente alla fine dell'ora, nel centro esatto di cio' che vogliamo e siamo, non so, non definisco eppure ero ancora li' volendo solo concludere ed essere altrove.
Ah la mente, la mente, la mente e' cosi' potente quando vuole, quando puo', quando riesce e serve poco, suoni industriali, basso vertiginoso, batteria dall'urlo lontano ma imperioso e le parole giuste, quelle parole che non hai saputo raccontarti, che nessuno, nessuno, nessuno, nessuno al mondo sa dirti, sa sbatterti tra i pensieri nel mezzo del dolore, nella trappola dei giorni, nel recinto delle piccole consuetudini, parole che spalancano i cancelli della rabbia come arcane formule sepolte dal tempo e da stupidi uomini.
Dolore all'anima come fredda lama tra le costole e non ho visto piu' nulla, qualcosa e' esploso e ogni frammento rovente ha inciso carni e cuore.
Ho corso, ho corso come mai prima in vita mia e non era abbastanza, niente lo e' per quanto faccia male ammetterlo e ogni passo demoliva montagne, ogni bracciata svuotava oceani, ogni respiro cancellava mondi fino a quando non e' rimasto piu' nulla da distruggere, niente da abbattere e l'infinito vuoto come casa.
Non e' rimasto neppure l'esserci ancora o il tamburo battente arginato nel petto ed e' stato un grande niente, un niente che sempre piu' spesso vale piu' del tutto.
E' necessario che io sia coerente con me stesso
per dare il peso giusto e un senso a tutto il resto
ed e' importante che non faccia cose in cui non credo
per non confondermi e dover tornare indietro...
e' necessario, e' necessario...

mercoledì, giugno 13, 2007

Superare il meglio

Il piede sta sfiorando l'acqua e inaspettatamente e' ricordo duraturo, uno da portare con se' nei giorni e quando si cercano ragioni e motivi.
So, so benissimo dovrei terminare il giro su questa infinita ellisse e non precipitare nella trappola tesa a rinchiudermi ancora una volta in inutile tragedia, in corsa verso la polvere.
E' che purtroppo ho imparato a nuotare sin troppo bene e trattengo il fiato ancora meglio.
Acqua come aria fresca e fango come fuliggine, turbini che si muovono come brezza e gorghi spaventosi di sottile movimento.
Amo e odio, rapidissima successione di fotogrammi sovraesposti, gonfie deformazioni di psichedeliche immagini, eterna proiezione di medesime figure contorte ed esplico su esse tutto cio' che conosco, quella misera cultura che mi appartiene giocata in due accordi e qualche campo lungo e che il resto passi a domani, nuovo tempo, nuova meraviglia su cui germinare in radici di nero fumo.
Confusione ma non basta perche' la confusione non e' mai abbastanza, la confusione e' lucida nella sua indefinibile forma e caratterizzazione, quindi a me materia grezza da porgere in lacrime a chi vede, a chi ascolta, a chi si accontenta di poco o niente, buon tentativo fallito e via a riderci sopra in inutile gaudio, recrudescenza che almeno delinea lo stato delle cose.
Bilico...
Ho perso il mio controllo sulle cose di ogni giorno
e sento
la mia memoria vuota come aria da non respirare
ma ci vuole del coraggio per restare sempre in piedi
(ma mi senti)
in un momento
questo momento
solo in un satellite in costante movimento

martedì, giugno 12, 2007

Sentire e non perdersi

Pioveva come se fosse l'ultima cosa che il cielo volesse fare.
Accorgersi che la pioggia e' elemento piu' alieno di quanto si pensi e' stato un attimo, interminabile e stupefacente.
La pioggia si adora o si diprezza, spesso cio' che desideriamo muta il giudizio ma raramente la si vive a fondo.
Voluta o evitata, rimane elemento da sfiorare e guardare da lontano e farla propria, accettarla come ineluttabile destino puo' essere sorpresa.
Ampiamente considerare obblighi e imposizioni come nuovi percorsi finora ignorati e magia laddove non ti aspetteresti, forse non vorresti.
E' che la pioggia non e' mai fuori di noi, non si ferma sulla pelle e neppure impregna le ossa ma raggiunge ricordi primevi, esperienze ataviche sin da quando eravamo rettili, sin da quando eravamo nuvole.
Gocce di materne culle, ninna-nanna in ere in cui il canto era il sogno di Dio, umido grembo ricolmo di vita e voce, voce tuonante della creazione stessa.
Ecco, quella voce l'ho udita o forse risentita fuori dai miei reconditi recessi ed era musica, musica con cui sono nato e cresciuto, indistinguibile sovrannaturale tra umani arcangeli di verita' scomparse, solo piccoli tra grandi ma ho colto davvero qualcosa.
Un attimo, minuscola frazione di tempo insufficiente per assimilare, per far proprio ma sono certo di aver visto e sentito, rapito ed estasiato ho fatto parte di un insieme immenso e non ho avuto piu' dubbi ne' incertezze li', proprio li' dove mi sono ritrovato, inventato, riscoperto.
Right behind you I see the millions.
On you I see the glory.
From you I get opinions.
From you I get the story.
Listening to you I get the music.

domenica, giugno 10, 2007

Solo di sole

Florinda Bolkan e' la carne del suo tempo.
Tesa, nervosa, disperata.
E' anche diversa dal suo tempo pero', perche' bellissima, raggio di sole nel buio, ombra rinfrescante nel solleone.
C'e' in lei una disperazione profonda, l'inquietudine manifesta nella tensione dei muscoli, il lampo fulminante che attraversa lo sguardo e ogni movimento narra di notti insonni, di domande senza risposte, di amore non ricambiato.
Si muove ed e' fluido mercurio che scivola vizioso tra gli interstizi delle mattonelle, tra le note della colonna sonora, tra i desideri dello spettatore.
Florinda Bolkan non ha eta' perche' eta' implica tempo e tempo implica mortalita' e quando la donna e' astrazione, dea di tempi antichi, genitrice di terra, acqua, fuoco e vento allora la morte non la tange.
E' una creatura senza estetica perche' rifugge la barbarie delle classificazioni, icona di una femminilita' viva soltanto nell'ipotesi di un mondo passato, transizione tra l'idea e la realta' di donna, segreto di un desiderio mai svelato e per questo piu' vero e caldo e intenso.
Archetipo, sovente ideale e si' idealizzato, topos che trascende e attraversa gusti ed epoche, astrazione e non per questo meno reale e meno suadente e se e' vero come e' vero che non sto parlando di una donna ma della sua idea, allora le mie parole sono per Florinda Bolkan e' vero ma ancora piu' vero per colei che e' unica, immensa e per sempre.