martedì, ottobre 14, 2008

Viatico

Anno 2050
Un treno lontano corre veloce, fischio fantasma a smarrirsi. Piove, un poco piove, poi smette, si smette. C'e' freschino, il tempo sta cambiando e senza accorgersene il verde degli alberi pare cantare dopo piacevole risveglio. Lampi lontani e l'estate saluta con ampi gesti grigi chi ha voglia di guardare, di uscire innanzi a un mondo che non ha la minima intenzione di fermarsi.
In fondo perche' mai dovrebbe farlo?
Anno 12432
Un albero cresce, un albero muore, un altro viene tagliato. La citta' e' lontana, caldo cibo vicino, punture di rosso tinteggiano la terra, strisce multicolore rigano il cielo ma fredda atmosfera sovente sorprende ed inganna.
E' giorno che sembra non finire mai, e' benedizione libera di volare, ali portentose come mai viste prima.
Anno 7045
Strane luci la' in fondo ma e' tutto normale, e' sempre tutto normale. Tende bianche resistono all'imbrunire ma  battaglia e' persa, e' susseguirsi delle cose, e' irrefrenabile onda di migliaia d'altre, milioni forse, equilibrio immutato, acciaio, roccia e oceano indistinguibili tra loro, meravigliosi e possenti seppur soli, abbandonati ma stoicamente integri in riflessi ed intenzioni.
Anno 2024
Grandi piedi pestano brulla terra; ora il frastuono e' terminato. Da qualche parte bisogna iniziare ed osservare attentamente puo' essere inizio. Il lago forse non c'e' piu', ma la sua acqua e' ora vapore, presto nuvola, poi energia, infine tavola imbandita di lauto pranzo gratificata e ancora occasione per sedersi ed aspettare
Anno 187633
Vola, si vola. E' esaltante, e' divertente, e' nuova rinascita.
Il mio desiderio e' esaudito: posso vedere.

lunedì, ottobre 13, 2008

Di-nologo

Qual'e' la canzone del tuo giorno? Tante diverse lo so, ma gli accordi, si gli accordi cosa ispirano, a che luogo conducono? E la testa, quanto fa male aprire gli occhi oltre il necessario oceano di desideri rigorosamente irrealizzabili, tenacemente silenziosi, umili quel tanto che basta per spalancare occhi increduli innanzi al deserto di carne e cemento, scivolando irrequieti tra inutili discorsi e grigi fallimenti quotidiani ed inevitabili.
Voglia di dormire, voglia d'imparare, studiare senza leggere, senza pesante leggerezza di inutili parole vicine per inerzia, per denaro, per politico spiegare un mondo sempre diverso o sempre uguale solo quando non serve, mentre non e' necessario, elettronica, elettronica, elettronica salvezza di suoni remoti e dimenticati, inutilmente immensi, palestra d'antica ed inutile foggia laddove statico e' virtuoso e dannoso e' trasgressivo.
Piccolo theremin, sintetico spaventoso amico, che sia tuo quel giorno tanto agognato, se fosse in te principio e fine, diritto e dovere di qualcosa che per forza cerco ed evito, montagna imperscrutabile e angoscia montante come fitto bosco all'imbrunire, raggi di stelle che non sanno scaldare, soltanto indicare possibile salvezza, forse alternativa fine.
E la mia, si la mia canzone oggi non ha melodia, irriconoscibile tracciato e note come inutili macchie nere su foglio rigato, piu' silenzio che onda, come fischio che si perde nell'impossibile della notte, nel copioso sudore che impedisce dormire, nella solitudine che mi domina e separa dalla voglia di umanita' e nulla mi giustifica, forse lamento patetico ma sincero puo' raccontare, puo' servire, puo' aggiungere pezzetto grigio di grigio ritratto svelando grandioso sfondo con minuscola figura indistinta e sfocata sulla quale e' inutile strizzare gli occhi, comporre versi e giudizi.
Per il resto non so, quanto resta non e' piu' qui, cercare oltre, proseguire, proseguire, la via e' scorrevole e ben illuminata ma oltre, oltre queste colline, lontano da nebbia ed erba tagliata, nel laggiu' eccessivamente lontano per chi imprigiona canzoni nel cuore, per chi confonde accordi con aria da respirare e respirando fa di questo esistere.
Dico del mio silenzio indiano
un dialetto di lontani specchi
e nuvole parlanti, è così
che scrivo io...