lunedì, novembre 27, 2006

Fenice di ghiaccio

Come quel personaggio di telefilm vorrei anche io un ottovolante sul quale annullarmi, dimenticarmi, scordarmi, perdermi.
Scivolare su rotaie veloci sino alla cima, la piu' alta, nell'istante stesso in cui terra ed eden si sfiorano, nel momento in cui l'Io si stacca rimanendo sospeso in una dimensione di soave vuoto, nel microcosmo della coscienza quando si annulla in un unico punto, cosi piccolo da non fare piu' male.
Invece...
Invece mi ritrovo con la sua overture, in piena estate, nel retro oscuro di un parcheggio, lacrime e sudore sul volto, odore di gomma bruciata misto all'afrore di atmosfera da troppo tempo non visitata dalla pioggia.
Circondato dal non silenzio: auto vicine e circospette, ronzii, latrati distanti, porte che si aprono, voci stanche che si salutano.
Penombra cercata, luce desiderata, buio terrificante ma purtroppo assente.
Musica troppo bassa quando nessuna musica puo' appartenermi se non forse questa.
Attesa, piu' di un futuro che di una occasione.
Vivere l'incertezza quando l'incertezza mi uccide, mi spezza fianchi e volonta'.
Dolore, dolore, dolore, dolore e paura... Dio quanta paura, come mai prima eppure non una incertezza, non un tentennamento.
Mai e ancora mai cedere e non lo faccio, non un solo momento.
Paghero' quel dolore ma non li', non in quel frangente.
Ora sembra lontano, troppo lontano ma le grandi vittorie come le grandi sconfitte non si dimenticano e se le ferite subite rimarranno per sempre con noi, allora cosi' sia e che le cicatrici non si chiudano mai per ricordare sempre che siamo vivi e quanto e' costato crederci.

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